Evacuazione da Mariupol. Il parroco: «Ancora vecchi e feriti da salvare»

È stato il presidente ucraino Zelensky ad annunciare alla nazione l’uscita di circa 100 civili dall’acciaieria di Azovstal, a Mariupol: un gruppo di donne e bambini, anche piccolissimi

Giornata decisiva ieri, 1° maggio, per gli sfollati intrappolati nell’acciaieria di Azovstal, a Mariupol. Qualcosa finalmente si è mosso. È stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ad annunciare per primo in un discorso video alla nazione che circa 100 civili sono stati evacuati dall’acciaieria di Azovstal, a Mariupol. «Oggi – ha detto – siamo finalmente riusciti ad avviare l’evacuazione delle persone dall’Azovstal. Dopo tante settimane di trattative, dopo tanti tentativi, vari incontri, divieti e proposte. Non c’è stato giorno in cui non abbiamo cercato di trovare una soluzione che salvasse la nostra gente. Oggi, per la prima volta dall’inizio della guerra, questo corridoio vitale ha iniziato a funzionare. Per la prima volta ci sono stati due giorni di vero cessate il fuoco». È stata un’operazione complessa e delicata. Ad essere accompagnati tra le macerie fuori dai cunicoli dell’acciaieria fino a bordo dei bus c’erano donne e bimbi, anche piccolissimi. «Chi ha lasciato la città dice che l’inferno esiste ed è a Mariupol», confida alla Bbc, il sindaco della città devastata dall’assedio russo, Vadym Boychenko. Un’evacuazione che è stata gestita a livello negoziale e sul posto dal Comitato internazionale della Croce Rossa e dalle Nazioni Unite insieme alle forze dell’esercito. Ma l’operazione di messa in salvataggio non è semplice.

«È difficile per me dire qualcosa in questo momento – afferma padre Pavlo Tomaszewski, religioso paolino e, fino alla recrudescenza del conflitto, rettore della parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa a Mariupol -. È un bene che quelle persone siano state evacuate. Ma ci sono ancora molte più persone che sono rimaste. Ci sono molti vecchi che non possono camminare bene, gente ferita. Molti sono anche soldati. È difficile per me dire qualcosa. Perché nessuno li aiuterà». Ieri sul canale governativo di Telegram si sono alternati messaggi di annunci e rinvii. Poi questa mattina, finalmente, l’annuncio che sono riprese alle 7 (le 6 in Italia) le operazioni di evacuazione dei civili da Mariupol, «Ci sono buone notizie – è il messaggio Telegram -. Con il sostegno delle Nazioni Unite e della Croce Rossa, oggi sono state concordate altre due località per mettere le persone in un convoglio di evacuazione in partenza da Mariupol. Questi sono il villaggio di Mangush e l’anello Lunacharsky vicino a Berdyansk. Se hai parenti o conoscenti lì, prova a contattarli e fornisci informazioni su una possibile evacuazione».

Da Roma, Papa Francesco è tornato di nuovo a bussare alle porte delle diplomazie e nel Regina Coeli, ha parlato della città ucraina di Mariupol, “città di Maria”, «barbaramente bombardata e distrutta» e a chiedere che siano predisposti corridoi umanitari sicuri per le persone intrappolate nell’acciaieria di quella città». «Sono grato a Papa Francesco perché si preoccupa per noi, prega costantemente per la pace e non smette mai di parlare del popolo ucraino – dice il parroco -. Ma vedo anche che oltre a questo non può fare altro!». C’erano state a marzo trattative diplomatiche tra Santa Sede e Mosca per fermare la guerra in Ucraina e organizzare corridoi umanitari per l’evacuazione di civili a Mariupol. Ma l’operazione è fallita per l’opposizione dei russi. «Ho sentito che Papa Francesco ha chiesto a Putin di aprire un corridoio per la gente di Azovstal – dice il parroco -. Ma hanno rifiutato. Non capisco perché i russi non vogliano farli uscire. Questa resistenza mostra come realmente sono e che è impossibile negoziare con loro. Abbiamo avuto la sensazione ad un certo punto che non ci fosse più niente da fare». Ieri il Papa ha parlato anche di notizie terribili di bambini espulsi e deportati come segno di «un macabro regresso di umanità». «Sì, è così – conferma padre Pavlo -. Vengono “filtrati” con i servizi di sicurezza della Russia. Poi ottengono un pezzo di carta e possono partire per la Russia. Ma molti spariscono. Molti sono stati uccisi. È spaventoso». Il parroco poi dice di non avere «informazioni precise» su quanti civili siano rimasti ancora a Mariupol. Secondo la televisione russa Rossiya 24, citata da Interfax, potrebbero essere ancora oltre 500 i civili rimasti nell’acciaieria di Azovstal. «So – conferma padre Pavlo – che ci sono soldati, anche feriti, del nostro esercito e civili. Non so cosa sperare per loro. Temo che sia una situazione che durerà ancora a lungo».

Di Mariupol ha parlato ieri anche Sviatoslav Shvchuk, capo della chiesa greco-cattolica ucraina, nel suo video-messaggio quotidiano. «Dolore particolare – ha detto l’arcivescovo maggiore di Kiev – ci suscita la nostra Mariupol dalla quale le persone vengono portate e salvate in diversi modi, in diverse vie. Ma il nemico sta cercando di fare di tutto per fare della città un grande cimitero, scavando nuove fosse comuni e maltrattando la popolazione locale». Ancora una volta, la notte scorsa e il giorno che l’ha preceduto l’Est e il Sud dell’Ucraina erano in fiamme. Anche Odessa è stata ferita dai missili, e l’aeroporto della città è stato di fatto distrutto. Kharkiv e Mykolaiv continuano a essere bombardate e distrutte da vari tipi di armi. Il governatore di Kharkiv Oleh Synyehubov ha esortato gli abitanti a restare nei rifugi. «Ma l’Ucraina resiste. L’Ucraina lotta. L’Ucraina prega – dice Shevchuk -. Di più, l’esercito ucraino sta gradualmente liberando la nostra terra dall’occupante russo». (M. Chiara Biagioni)

2 maggio 2022