Impresa, l’etica alla base di una nuova cultura

Al Tempio di Adriano il workshop della Pastorale universitaria. Il vicesindaco di Roma Luca Bergamo: «Espellere dalla città gli interessi criminali che soffocano il mercato»

Esercizio delle proprie responsabilità, manifestazione del senso di appartenenza alla città e impegno a promuoverne il bene comune. La strada verso una rinnovata cultura imprenditoriale a Roma passa attraverso queste tre azioni. Coniugarle armonicamente e far sì che tutto funzioni tocca all’impegno di ognuno, alla politica e all’irrinunciabile alleanza tra università, mondo della ricerca e dell’impresa. È quanto emerso dal workshop “Un’agenda per il lavoro per la città di Roma” organizzato dalla Pastorale universitaria del Vicariato in collaborazione con la Camera di Commercio, sabato 14 ottobre.

«Una cultura dell’imprenditorialità che si fa carico del senso di responsabilità, dell’appartenenza e del perseguire il bene comune implica per l’impresa la necessità di immaginare un valore della produzione che non sia solo un mezzo per lo scambio di denaro» ha detto il vicesindaco di Roma, Luca Bergamo, aprendo i lavori al Tempio di Adriano. «La crisi finanziaria del 2007 non ha prodotto un cambiamento nel comportamento dei mercati. Serve in Europa e nella nostra città una riflessione aggiuntiva. La risposta che stiamo dando a questa crisi è continuare a funzionare come già funzioniamo».

Pastorale univesitaria, workshop 2017Per il vicesindaco Bergamo il cambio di passo può essere impresso da una maggiore etica dell’impresa «che deve trovare una risposta nello sviluppo di una società coesa e sostenibile. Espellere gli interessi criminali dalla città e dal Paese è una parte importante del lavoro per raggiungere questo obiettivo». E proprio alla politica si è rivolto il presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti: «In questi anni di crisi – ha detto – quello che è mancato a Roma è la classe dirigente, non i romani. Le imprese sono aumentate di 65mila unità reggendo il tessuto sociale della città e della periferia». Quattro categorie, in particolare, sono emerse: «le donne che hanno difeso il reddito famigliare; molti operai che hanno perso il lavoro e che comunque si sono dati da fare; gli immigrati e i giovani che con l’era di internet si sono messi in gioco».

Ora, ha concluso Tagliavanti, «qualche segnale positivo l’economia inizia a darlo, è tempo che anche la classe dirigente inizia a dare qualche risposta». Secondo l’assessore al Lavoro della Regione Lazio, Lucia Valente, questa risposta passa attraverso tre parole chiave: «flussi, attrattività e contaminazione» che si traducono in proposte che «porteremo il 17 ottobre al tavolo del ministero dello Sviluppo economico». Roma deve diventare «un hub delle idee imprenditoriali, la sede permanente di iniziative legate al turismo congressuale, una città in cui conviene investire» ha sottolineato l’assessore dopo aver ricordato che in questi anni il numero delle vertenze sono state 58, da Almaviva a Sky, con la crisi Alitalia sullo sfondo. Valente ha avanzato poi una proposta internazionale da concertare con altri Paesi partner europei: «Roma potrebbe ospitare il centro europeo di promozione e coordinamento delle imprese impegnate nella cooperazione tra Europa e Africa, per istituire una miriade di canali di scambio e di aiuto economico e culturale in ogni campo. Se attivassimo in modo capillare questi gemellaggi, non sarebbe così difficile moltiplicare le occasioni di lavoro in Africa, nei Paesi d’origine degli immigrati, con costi molto contenuti per i “gemelli” europei».

Etica dell’impresa quindi e umanità al centro. Sono elementi con cui bisognerebbe avere a che fare sin dagli anni della formazione scolastica. Alla Luiss ci stanno provando: «Vogliamo dare ai nostri studenti – ha detto il direttore generale dell’ateneo, Giovanni Lo Storto – occasioni di consapevolezza, anche attraverso progetti di volontariato che integrano la loro formazione». Nel Paese in cui il tasso di laureati nella fascia d’età 25-34 anni è del 22% (a fronte del 60% in Nord Europa, 40% in Francia, 40% in Estonia e Lettonia) «bisogna smetterla di non dare il rilievo assoluto alla formazione. Ci siamo presi in giro dicendoci che il pezzo di carta non serviva a niente. Oggi ci ritroviamo in un’economia iper specializzata e ultra competitiva». Se quel tasso di laureati oggi fosse del 18% superiore – ha concluso Lo Storto – «il nostro Pil sarebbe più alto di cinque punti».

Tra i giovani che hanno investito in questa formazione e poi se ne sono serviti per creare lavoro c’è Salvatore Carlucci, direttore operativo e cofondatore di aGesic. Si tratta di un’App per la sicurezza dei lavoratori isolati che protegge i dipendenti migliorando la sicurezza di chi opera da solo e in caso di malessere o infortunio allerta immediatamente i soccorsi. «Già due aziende del gruppo Acea si sono interessate ai nostri servizi – ha spiegato Carlucci -, adesso contiamo di chiudere con Enel, Tim ed Erg».

Fare impresa vuol dire mettersi al servizio degli altri, ha concluso il vescovo Lorenzo Leuzzi della pastorale universitaria del Vicariato, «è un’esperienza di comunione tra il mondo del lavoro, della politica e della formazione. Dobbiamo dare speranza e fiducia alle nuove generazioni. La Chiesa è qui con voi per incoraggiarvi e per offrire punti di riferimento per ricostruire insieme un tessuto di motivazioni che permettano a tutti di poter vivere la propria esistenza in maniera soddisfatta per il bene dei nostri fratelli».

16 ottobre 2017