Enzo Bianchi: «Seguire l’uomo Gesù per uscire dall’indifferenza»

Il priore della Comunità di Bose all’incontro organizzato nella parrocchia di San Tommaso Moro: «Ritornare ad una grammatica dell’umanità che significa riprendere a vivere autenticamente il Cristianesimo»

Ritrovare la fiducia e la fede attraverso Gesù Cristo per uscire dall’indifferenza e dal nichilismo che pervadono ogni orizzonte della società. È questo il messaggio di speranza che il priore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, ha voluto lanciare ai tanti giovani presenti all’incontro del 19 novembre “La differenza Cristiana: lo stile evangelico a favore del mondo”. La serata, che ha dato il via al ciclo di colloqui organizzati dalla parrocchia di San Tommaso Moro sulle tematiche contemporanee, è stata un’occasione per il religioso di dialogare a cuore aperto con i ragazzi facendoli riflettere sulla loro condizione attuale e sulle prospettive future, partendo dall’originario significato di fede che è prima di ogni altra cosa un atto di fiducia.

Una fiducia umana che fa credere nell’altro, senza la quale non potrà mai attecchire il dono di Dio. «Dopo il grande momento euforico degli anni ’60 con il recupero, nella nostra società, del soggettivismo e con l’apertura alle grandi utopie – ha spiegato Bianchi – è seguito un periodo in cui questo soggettivismo si è realizzato, a partire dagli anni ’80 e in maniera sempre più marcata avvicinandosi ai giorni nostri, come individualismo in cui i diritti dell’individuo pretendono di essere legge per tutti. Da qui poi, con il crollo delle grandi speranze, è venuta meno la possibilità di guardare ad un orizzonte comune. La fiducia umana si è persa e si è arrivati, così, al nichilismo e all’indifferentismo attuali».

Per il fondatore della comunità di Bose, infatti, l’indifferenza rappresenta la vera malattia del nostro tempo. Una crisi culturale, etica ed economica a cui bisogna saper dare una risposta. «Se vogliamo uscire da questa situazione – Bianchi si è rivolto ai giovani – dobbiamo essere coscienti che bisogna ritornare ad una grammatica dell’umanità che, tradotta in termini reali, significa che ai giovani spetta di riprendere a vivere autenticamente il Cristianesimo, partendo dall’unica figura che sa ancora stupire e “intrigare” le menti e l’animo degli uomini: Gesù Cristo. Da Lui bisogna ripartire, convinti che proprio nell’umanità di Gesù si trovano le tracce di Dio». Una fiducia umana da riscoprire non tanto nella santità di Gesù ma attraverso il suo essere uomo che è vero Amore. «Gesù – ha spiegato il monaco – è stato un uomo che ha saputo vivere la sua esistenza terrena amando fino alla fine a tal punto che è risorto proprio per il fatto che il suo amore ha sconfitto la morte».

È l’amore quindi che ha un valore di eternità ed è l’unica forza in grado combattere il nulla. «È lo stesso Cantico dei Cantici – ricorda Enzo Bianchi – che negli ultimi due versi ci dice: Forte come la morte è l’amore, più tenace dell’inferno è la fiammata dell’amore». Un concetto caro anche agli stessi greci che vedevano Eros e Thanatos in eterno conflitto senza però trovare un vincitore. «La risposta – ha concluso Bianchi – l’ha data proprio Gesù nel Nuovo Testamento che con il suo amore estremo e incondizionato ha saputo avere la meglio sulla morte. Gesù è risorto perché il suo amore si è lasciato alle spalle l’oblio. Ed è solo percorrendo questa strada, avendo come punto di riferimento la sua figura umana, che ritroveremo la fiducia per uscire dal torpore di questa triste indifferenza».

 

20 novembre 2014