“Emily”, l’esordio di O’Connor

Un racconto che si svolge in un XIX secolo di matrice inglese, dove l’atmosfera profuma di Gran Bretagna e la pioggia entra anche in una prospettiva esistenziale, con una non invadente attualità

Nell’Inghilterra del primo Ottocento, il reverendo Patrick Bronte ha sei figli dal matrimonio con la moglie. Nella cronaca e nella storia letteraria entrano tre femmine: Emily (muore il 19 dicembre 1848); Anne (il 28 marzo 1849); Charlotte (il 31 marzo 1855). Al capezzale di Emily, Charlotte chiede alla sorella come abbia fatto a scrivere Cime tempestose. Allora Emily comincia a ricordare.

Prende il via cosi Emily, film presentato al Toronto Film Festival e ora nelle sale italiane. È affidato a un tono vecchio stampo l’incipit di questo film che ha l’ardire di partire dalla fine e tornare indietro senza curarsi di salti temporali, senza guardare filtri o necessità di avvenimenti e di fatti. Non solo l’Ottocento domina incontrastato ma tutto il racconto si svolge in un XIX secolo di matrice inglese. Qui l’atmosfera profuma di Gran Bretagna: case, arredi, mobili, e un paesaggio costantemente avvolto nella pioggia. Con la luce che cerca di illuminare la vicenda: condizionata dagli interni e quindi soprattutto bassa, affidata a candele e punti ciechi, a stanze nelle quali il contrasto dentro/ fuori combatte con la necessità di chiarezza. La pioggia entra anche in una prospettiva esistenziale nei tentativi di alcuni protagonisti di guardare alla realtà con occhi differenti e più nitidi. Fin da subito infatti il flashback dal quale tutto nasce si arricchisce di una catena di nuovi protagonisti, che sfidano l’attesa dello spettatore con richiami e rinvii. Il gioco di incastro tra le tre sorelle si complica e Emily, quando insiste troppo sull’indossare la maschera con la quale vorrebbe ridare vita alla mamma defunta, viene aspramente redarguita dal nuovo vice parroco William.

Intanto Emily, dopo una iniziale incertezza, lascia ogni remora, cede alla seduzione di William, e tra i due comincia una relazione che deve fare i conti con remore e pentimenti dettati dalle severe regole della chiesa inglese dell’epoca. Succede poi che Charlotte, tornata da Bruxelles, comincia a sospettare che ci sia qualcosa tra la sorella e Willliam. Pregato da una lettera di William di non smettere di scrivere, Emily comincia allora la stesura di Cime tempestose, che esce per un editore di Londra e ha un successo inatteso. Prima di morire a sua volta, Emily chiede a Charlotte di bruciare le lettere d’amore scambiate con William. Charlotte esegue la volontà della sorella e comincia a scrivere un proprio romanzo.

Diretto dall’esordiente Frances O’Connor, Emily è un film certamente dignitoso ma privo della fantasia necessaria a rinvigorire una vicenda inesorabilmente d’altri tempi. Affidata a troppi dialoghi e ripetizioni, la regia non trova il giusto pretesto per inquadrare la vicenda nella cornice del melò. Siamo insomma lontani dalla intensa versione del Jane Eyre di Franco Zeffirelli (1996). Ma questo Emily ha una sua non invadente attualità che non guasta.

3 luglio 2023