Elogio dell’insicurezza, spazio all’attesa e alla speranza

Ripensare alle proprie scelte e al messaggio da trasmettere ai figli in una società in cui la sicurezza è il parametro di riferimento

Vorrei condividere l’interessante lettura del saggio di Lucia Cosmetico “Elogio all’insicurezza” (ed. Emisferi, 2012) dove la voce narrante è proprio quella dell’insicurezza che, con vivacità ed ironia, accompagna a «quel porto della vita da cui salpare» per poter esplorare e rischiare la navigazione sulle acque non conosciute, ma ricche di potenzialità, della vita. La condizione del “non sapere”, cara a molti filosofi, poeti, autori spirituali, caratterizza la nostra condizione umana di creature e favorisce quel produttivo dialogo con se stessi chiamato “ispirazione”, come “la famosa caduta” della mela di Newton ci ricorda! Spesso il voler, per forza, essere sempre certi di tutto può rovinarci le sorprese che la vita vorrebbe regalarci attraverso la scoperta nel mare del non sapere.

Pare che lo slogan della società contemporanea sia la sicurezza come parametro di riferimento per ogni ambito della vita. La sicurezza è il nuovo mito, è la promessa presente in ogni campagna elettorale che sollecita l’idea, se non la paranoia, di vivere in ambienti caratterizzati da nemici di vario genere di cui avere paura e da cui bisogna assolutamente difendersi. Citando Sciascia – «la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini» – possiamo ipotizzare che porre l’accento in modo marcato sul bisogno di sicurezza crea una condizione di insicurezza che favorisce il potere perché lo rende l’unico garante assoluto della tranquillità dei cittadini. Viene da chiedersi se i cittadini sono responsabili delle loro azioni; se sono in grado di distinguere cosa è bene da cosa è male oppure se sono solo condizionabili da ciò che i mass media passano come informazioni!

La sicurezza, cosi come la tristezza, è decisamente correlata al Pil (Prodotto interno lordo) ed è un grande affare per chi sfrutta le paure degli altri, ma se potessimo affiancare a questo parametro a quello che De Padova e Lorusso hanno chiamato Fil, ovvero “Felicità interna lorda”, forse potremmo ricordarci che siamo creature dotate di anima che esistono al di là di ciò che producono, fanno e contano.

insicurezza figli campana di vetroL’autrice ricorda l’etimologia della parola “sicurezza”, dal latino se-curus ovvero “privo di preoccupazioni, di pensieri”, per cui la sicurezza descrive la condizione di ciò che è sicuro, privo di rischi o pericoli. Ad uno sguardo più attento e approfondendo ciò che a prima vista può sembrare una condizione di vita auspicabile potremmo arrivare a desiderare di non avere nessun tipo di pensiero: «Liberi da tutto, iniziate ad annoiarvi e a stordirvi nei modi più vari; sicuri da tutto, perdete il gusto del rischio e del gioco della vita, finendo magari in un centro scommesse che vi fa giocare sui cavalli invece che su voi stessi; sicuri da tutto, al riparo da ogni fragilità, non siete più umani. È qui che io, l’insicurezza vengo in aiuto: accoglietemi sotto forma di dubbio, punto di domanda, piccola esitazione di fronte alle scelte della vita. Lasciate che io vi faccia di nuovo provare l’ebrezza del titubare. Non vi siete accorti che gli strumenti tecnologici che usate hanno una velocità esagerata rispetto al vostro ritmo vitale e che molte droghe sono modi di adeguare il fisico ad un tempo che non sarebbe naturale? Fino a quando vorrete rimanere schiacciati dalla frenesia che vi sta facendo ammalare di nuovi morbi? Invece che sfoggiare al mondo una sicurezza che nasconde una montagna di paure inconfessate, non è meglio una sana insicurezza che vi metta nella condizione, ogni tanto, di fermarvi e porvi delle domande?».

Forse abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione sacra e spirituale che dialoghi con le nostre false sicurezze e finti benesseri, questi sono attivatori di una smania interna di insoddisfazione. Il vangelo secondo Matteo ci ricorda «Non preoccupatevi del domani. A ciascun giorno basta la sua pena» e il Salmo 23 «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla», indicano come l’uomo sia una creatura e che la sicurezza viene da Dio, e come non sia possibile confinarlo in recinti ben definiti con i parametri limitati umani.

giovani adolescenti manifestazione ambiente«Anche per chi non è credente – si legge nel libro di Cosmetico – lo spirituale impregna la vita in ogni suo aspetto e vivere una vita spirituale è immergersi nella vita di ogni giorno, con una luce in più, che ti fa alzare la mattina con la percezione di percorrere la strada “giusta” quella del progresso ad uno stadio di umanità per cui non percepisci più i tuoi simili come nemici ma come fratelli di uno stesso Padre; è quel progresso che ti fa trovare energie e coraggio di dedicarti ad attività che, apparentemente non sono utili, ma alla fine ti aprono ad uno sguardo più profondo sul mondo: la lettura di un libro, la visione di un film, l’ascolto di una sinfonia, la partecipazione ad una manifestazione che ti faccia uscire di casa, da te stesso, dalle tue paure e dalle tue chiusure».

La stessa Costituzione italiana parla del progresso spirituale come valore da promuovere. L’articolo 4 termina cosi: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».

giovani adolescenti spiritualitàÈ fondamentale allora ripensare all’educazione, a quale messaggio trasmettere ai propri figli: se sia più importante dare benessere materiale con un atteggiamento ipermaterialista ed iperprotettivo o piuttosto offrire l’occasione e il rischio di aspettare ciò che la vita e le esperienze portino. Inoltre, mancando l’abitudine a superare le difficoltà permane una situazione di noia, di fragilità interiore e quando si presenta un ostacolo, un fallimento, una frustrazione, il ragazzo non è in grado di poter accogliere e trovare le risorse o chiedere aiuto. Questo sollecita noi adulti ad osservarci su cosa stiamo passando come messaggio alle nuove generazioni, se stiamo stimolandoli ad assumersi il rischio di mettere in gioco i propri talenti, a sviluppare le proprie capacità, ad investire le proprie energie, ad assumersi i rischi delle scelte e assumersi le proprie responsabilità.

Concludo questa riflessione con le parole dell’autrice, per la quale dare spazio all’insicurezza permetterebbe di coniugare tre verbi bellissimi: «Chiedere, sperare, attendere. Quando chiedi, ti esponi al rifiuto. Quando speri, ti apri a un orizzonte sconosciuto. Quando attendi, impari ad apprezzare ciò che di nuovo porta il futuro». (a cura di Laura Boccanera)

 27 settembre 2019