«Non ho cambiato idea. Avevo detto che questi sono appuntamenti elettorali regionali anche se possiamo dare loro, ed è legittimo farlo, dei significati politici. C’è stato chi ha inteso fare di questo appuntamento elettorale, ritengo impropriamente, un referendum contro o pro il governo nazionale; mi riferisco in particolare a Matteo Salvini che, per questo atteggiamento improprio esce come grande sconfitto di questa competizione. In realtà i cittadini e le comunità locali hanno inteso questo come un referendum su di lui e quindi ne esce sconfitto».

All’indomani delle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria, nella giornata di ieri, 27 gennaio, il premier Giuseppe Conte ha commentato i risultati con i giornalisti che lo attendevano fuori da Palazzo Chigi. Anzitutto, i «complimenti» a Stefano Bonaccini per l’Emilia Romagna e gli «auguri di buon lavoro» a Jole Santelli per la Calabria. «Queste comunità – ha sottolineato il premier – hanno bisogno di risposte, quindi ad entrambi formulo i migliori auspici perché queste risposte arrivino efficaci e subito». Quindi l’analisi del risultato della Lega. «Avevo intravisto, già mesi orsono – le parole del premier -, una parabola calante della Lega e mi sembra confermato: non è più il primo partito né in Emilia Romagna né in Calabria».

Inevitabile il riferimento all’episodio del citofono che ha visto protagonista Salvini: il presidente del Consiglio ha puntato il dito contro la «politica spettacolo durante questa campagna» elettorale. «È bene che queste modalità non abbiamo più seguito. Trovo veramente indegno andare in giro con le troupe e il clamore dei media a citofonare additando singoli privati cittadini, a torto o a ragione non importa, come colpevoli o responsabili di gravi comportamenti delittuosi. Questo – ha osservato ancora Conte – è veramente inaccettabile, mi ricorda della pratiche oscurantiste del passato e noi non lo possiamo accettare in una società civile, tantomeno da chi per 15 mesi ha fatto il ministro degli Interni. Sono scorciatoie mediatiche spettacolari che non possiamo accettare».

Dal premier anche alcune osservazioni relative alla prospettiva di governo. «Dobbiamo lavorare – ha detto – per contrastare queste destre. Mi auguro che si possa rinforzare sempre più un ampio fronte – possiamo chiamarlo progressista, riformista, alternativo alle destre – dove possano trovare posto e sentirsi a proprio agio tutte le forze, pur con diverse sensibilità, che vogliono condurre una politica alternativa a queste destre. Mi auguro che questo progetto politico possa definirsi sempre più andando avanti nel tempo anche in virtù di una maggior coesione e un maggior affiatamento tra le forze di governo».

Riguardo al Movimento 5 Stelle, il premier ha riconosciuto che «non ha conseguito dei risultati brillanti» ma ha invitato a considerare tre aspetti: anzitutto, «il leader politico Luigi Di Maio si è dimesso e adesso c’è un reggente». Ancora, Conte ha rimarcato che si tratta di «un movimento e non di un partito tradizionale», che quindi «non ha mai avuto una solida struttura territoriale». Terzo aspetto messo in luce dal premier: «Proprio in Emilia Romagna per questo appuntamento elettorale c’è stata incertezza sino all’ultimo minuto se presentarsi». Secondo Conte, tuttavia, la battuta d’arresto dei Cinquestelle in entrambe le Regioni al voto non si trasformerà in «instabilità» nella maggioranza di governo.

Entusiasmo, nelle parole del premier, per quanto riguarda l’azione di governo. «Non vedo l’ora nei prossimi giorni – ha detto – di confrontarmi con le varie forze politiche per rilanciare, per individuare delle priorità, definire un chiaro cronoprogramma e per definire in dettaglio l’agenda per il 2023. Non dobbiamo più indulgere in smarcamenti, in rivendicazioni di spazi politici. Non possiamo più permetterci di piantare bandierine. La gente – ha ammonito – ci chiede buone pratiche di governo e tutte le forze politiche saranno giudicate nel 2023 per quello che avranno fatto, non per quello che hanno promesso e non hanno realizzato».

28 gennaio 2020