Educazione e cultura, “antidoto” alla corruzione

Continua, alla Salesiana, il ciclo su mafie e responsabilità. A confronto Alberto Vannucci (Università di Pisa) e Vittorio Alberti (Sviluppo umano integrale)

La dimensione culturale come antidoto e chiave di risposta ai fenomeni di corruzione. È quanto emerso ieri sera, 25 febbraio, alla Università Pontificia Salesiana, nel quartiere Nuovo Salario, nel corso del terzo appuntamento di “Un percorso di libertà. Mafie, impegno e responsabilità”, la proposta formativa promossa dalla facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’ateneo salesiano e da Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti e impegnata a sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità organizzata. “Corruzione e mafie: nella cultura il contrasto”: questo il tema dell’incontro che ha visto al tavolo dei relatori Alberto Vannucci, docente di Scienze politiche all’Università di Pisa e Vittorio Alberti, filosofo e officiale per i temi politici del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

Un intervento, quello del filosofo, che ha inteso indagare, partendo dalle radici più profonde del fenomeno corruttivo, la stretta connessione tra fatto e azione culturale. «La rivoluzione avviene nell’intelletto prima ancora che nel linguaggio morale – ha spiegato -. Oggi è fondamentale attivare modelli di comportamento, ragionamento e pensiero critico funzionali a leggere tali fenomeni non come compartimenti stagni ma come realtà il cui campo può essere allargato a tutto ciò che appartiene alla propria vita teoretica e intellettuale; così, ad esempio, si può indagare e contrastare la corruzione studiando un classico». Da qui il ruolo centrale ma non esclusivo della scuola: «Per movimentare il pensiero e agire concretamente contro le forme di corruzione lette nel modo più ampio possibile, dalla dimensione personale a quella spirituale e sociale, è auspicabile che l’istruzione e l’educazione attraggano – ha proseguito Alberti -. Se il docente riesce a stabilire un rapporto “estetico” con il discente, allora gli elementi non solo razionali ma anche emotivi e sentimentali si attivano e l’educazione assume il suo tratto specifico». Un modus operandi, quest’ultimo, che apre a prospettive ulteriori e che si pone in chiaro contrasto con l’espressione che Papa Francesco riconosce all’origine della corruzione: la «stanchezza della trascendenza. Si tratta della chiusura nel particolare: non si spinge più lo sguardo oltre e ci si fissa su convinzioni, di qualunque natura esse siano – ha aggiunto il filosofo -. In questi termini l’idea non solo non acquisisce movimento e dialogo ma diventa un idolo rischiando di spezzare la libertà del pensiero».

Un fenomeno sistemico e pervasivo, dunque, che è legato a un modo di essere e di pensare della persona e che ha delle inevitabili ricadute in termini sociali. «Tra gli effetti più evidenti della corruzione troviamo la mancanza di fiducia nelle istituzioni pubbliche e la corrosione di tutti quei legami che fondano la nostra esistenza nella comunità e società – ha commentato Vannucci -. Richiamandoci al rapporto di Transparency International, potremmo indicare questo fenomeno come “un abuso di potere delegato o affidato a qualcun altro per fini privati”». Una definizione ampia nei suoi parametri in cui è possibile distinguere, secondo il docente, tre diversi criteri atti a declinare e valutare le manifestazioni di un abuso. Il primo è quello sancito dalle norme e dalle leggi dello Stato, che «è tendenzialmente chiaro e univoco», ha precisato Vannucci; il secondo è il criterio dell’opinione pubblica e degli interessi collettivi, che «può assumere forme e sensibilità diverse all’interno di una comunità, di fatto allargando e frantumando la nozione di corruzione»; infine, il criterio etico per cui «ogni individuo, in quanto portatore di valori, può manifestare un giudizio esprimendo nel confronto con gli altri la propria opinione», ha concluso il professore.

Ancora, Vannucci, ponendo l’accento sul ruolo imprescindibile della cultura nell’azione di contrasto a tale fenomeno, ha sottolineato come «una efficace politica anticorruzione sia caratterizzata non dall’inasprimento della pena bensì dalla definizione di quegli strumenti di analisi e conoscenza atti a riconoscere gli abusi del potere». Il prossimo appuntamento in calendario è quello del 17 marzo, nel corso del quale si parlerà di “Mafie e vangelo. Quale religiosità tra linguaggi, pratiche e simboli” con don Marcello Cozzi, responsabile del settore interreligioso di Libera, e il giornalista Arcangelo Badolati.

26 febbraio 2020