Educazione all’affettività, i ragazzi chiedono ascolto e rispetto

Gli spunti di riflessione emersi da un’esperienza formativa del Consultorio diocesano con alcune scuole, negli ambiti delle emozioni e della sessualità. L’obiettivo: la consapevolezza dell’identità fisica ed emotiva

Sempre più spesso basta accendere la tv oppure aprire un social network, che l’immagine che ci viene più frequentemente proposta è quella di un corpo perfetto, da curare a tutti i costi. L’uomo o la donna appaiono interessanti solo se attraenti, spigliati, smaliziati, provocanti. I giovani d’oggi crescono con questo ideale nella mente: uno status da raggiungere basato sulla perfezione dell’aspetto esteriore, apparire sempre a tutti costi, anche a discapito di situazioni più importanti e prioritarie. Tutto questo, in un momento di “crisi”, quale può essere l’adolescenza, in cui il corpo cambia in maniera veloce, il giovane si può trovare immerso in una condizione che lo allontana dalla conoscenza reale di sé.

Le famiglie, d’altro canto, che hanno da sempre supportato questo passaggio, sono diventate delle piccole isole; genitori lavoratori, spesso con poco tempo da dedicare a tali tematiche, rimbalzano la palla alla scuola; la scuola, dal lato suo, pensa di affidare il compito alle famiglie: insomma, chi deve parlare con questi ragazzi? Chi deve raccontare loro come cambia il corpo e perché? Chi parla loro della bellezza che tutto questo percorso cela? Chi parla loro della responsabilità che avranno nella capacità di mettere al mondo nuovi esseri umani? Ma soprattutto, chi parla loro del rispetto che ogni persona deve avere del proprio corpo, tutelandolo e mantenendolo in salute fin dal principio? Un rispetto che si metterà in relazione con quello che si ha verso l’altro, verso la persona amata e che porterà verso una sessualità consapevole e attenta.

Si è parlato tanto di quella che è l’educazione sessuale nelle scuole, ma effettivamente tanta teoria e poca pratica. Forse sbagliamo anche a chiamarla così: dovremmo parlare di educazione all’affettività, perché è questa l’idea che il giovane deve far crescere in sé, un’idea di sviluppo delle emozioni che parte dal concetto di conoscenza e rispetto, di sé e degli altri. Allora se parlassimo di tale esperienza, dovremmo prevedere un simile percorso fin dalle scuole primarie, affiancandolo al giovane che cresce; ma è davvero difficile trovare scuole disposte a dedicare tempo, spazio e risorse a tale tema.

Nel 2015 Il Consultorio familiare al Quadraro ha elaborato e proposto un percorso presso l’I.C. Settembrini di Roma, strutturato in maniera differente nelle I, II e III medie, attraverso la collaborazione di un gruppo composto da psicologi, psicoterapeuti e personale sanitario. L’obiettivo di fondo è stato legato alla maturazione di una consapevolezza della propria identità fisica ed emotiva, passando per i cambiamenti legati al corpo e alla mente.

Tanti spunti di riflessione sono emersi da tale progetto, in primis legati alla richiesta da parte dei ragazzi stessi di maggiori spazi per il dialogo, la riflessione, la condivisione: i giovani hanno bisogno di essere ascoltati, di esprimersi, di essere rispettati all’interno di un contesto che è tutto loro e che, normalmente, il sistema scolastico imposta a favore di obiettivi cognitivi e intellettivi, a discapito di quelli emotivi e psicologici.

L’altro importante spunto di riflessione è stato legato alla scarsa conoscenza che hanno i giovani del proprio corpo, nello specifico nelle classi delle terze, in cui si è proposto l’incontro con gli operatori sanitari, quale ostetrica e genetista. Né le ragazze né i ragazzi conoscono come sono fatti e quali cambiamenti stanno vivendo, nonostante molti avevano già affrontato lo sviluppo. Spesso erano legati a tabù e falsi miti, evidentemente errati. Ma la cosa che saltava più facilmente agli occhi era l’imbarazzo che si esprimeva, non tanto sulle tematiche riguardanti la sessualità, piuttosto sulla propria anatomia.

Questo fa davvero riflettere: siamo costantemente bombardati da immagini di vario tipo, ma ancora la conoscenza profonda di noi, del nostro corpo, della nostra fisiologia è un concetto lontano. Ma siamo sicuri che sia una questione legata solo ai ragazzi? Dall’esperienza possiamo dire che anche negli adulti questa scarsa conoscenza rimane frequente, basta dare un’occhiata ai forum di discussione su internet, in cui le domande mostrano persone adulte che ignorano come sono fatte e di conseguenza come sono fatte le persone con cui hanno una relazione: tutto ciò potrebbe portare ad una sessualità non consapevole e sicuramente poco sana.

Ma anche nei corsi pre-parto abbiamo sentito, come consultorio, la necessità di inserire un incontro legato all’anatomia femminile e maschile, perché troppo spesso venivano fuori lacune importanti, legate ad una scarsa conoscenza del proprio corpo. Eppure questi sono i genitori del futuro: come faranno ad insegnare ai propri figli come sono fatti se non lo sanno loro stessi?

Torniamo sempre al punto di partenza. Abbiamo bisogno di attuare delle politiche di informazione e di formazione, in cui si deve insegnare a riconoscere la propria identità fisica ed emotiva. Investire in questi progetti fin dall’infanzia è come prendere un seme e piantarlo nella terra: con il tempo, il sostegno, la cura crescerà una pianta sana e rigogliosa che darà i suoi frutti belli, colorati e maturi (Simona Marocchini, ostetrica)

9 febbraio 2018