Educare dopo l’emergenza? Dare un nuovo orizzonte di senso

Immersi in un esame di realtà planetario, occorre ripartire dal limite e prendere atto che è cambiato tutto. Ma è liberazione, non sconfitta. Un’occasione importante

Questi cento giorni hanno mescolato le carte in tavola della storia. Che il mondo non andasse bene, che i problemi fossero tanti, pronti a esplodere, in fondo ce lo sentivamo un po’ tutti. I cicli migratori, le povertà e l’ingiustizia, le crisi economiche ogni tre per due, l’Occidente sempre più vecchio, il creato calpestato, i conflitti ovunque: solo a gennaio eravamo alle prese con l’uccisione del generale Soleimani (chi se lo ricorda?) e i fantasmi di una guerra nucleare alle porte. Insomma un nemico prima o poi ce lo saremmo aspettati e il senso di un una qualche resa dei conti, chi più e chi meno, lo covavamo un po’ tutti.

Poi è arrivata la pandemia, democratica, trasversale, silenziosa. Da Oriente a Occidente ci ha ficcati tutti, scaglionati di qualche settimana, sulla stessa malconcia barca e in meno di tre mesi i confini sono saltati, il mondo s’è ritrovato a fare gli stessi conti, a postare gli stessi messaggi, a indossare le stesse mascherine, a provare le stesse angosce. Il nemico insomma è arrivato, ma del tutto diverso da come ce lo saremmo aspettati.

La malattia si è rivelata al di sopra delle nostre fantasie, purissima e giustificata solo in se stessa. Nessun cattivo del mondo l’ha generata, nessuna religione sbagliata, nessun capitalismo o criptototalitarismo a qualsiasi latitudine ce l’ha confezionata. Niente di niente, la malattia non s’è identificata, non ha presentato il proprio documento di cittadinanza, non è arrivata nel mondo per prendersela con il mondo, semplicemente non è mai arrivata perché c’è sempre stata, era nella vita perché era della vita: è la natura di cui siamo fatti.

La volta scorsa mi interrogavo da dove ripartire con i miei ragazzi. A distanza di quindici giorni mi pare chiaro quanto questo inatteso e planetario esame di realtà che ci è toccato sia l’elemento nuovo che la pandemia (che sì, è stata anche e senz’altro un’infodemia) ci ha imposto. Il rimosso della morte, del limite che non ha ragioni, dell’ineludibile finitezza che ci determina non è più stato possibile, ma divenuto evidenza, ore del giorno, esame di coscienza collettivo e mondiale.

È cambiato qualcosa, quindi? È cambiato tutto, anche se per molti, forse, non cambierà niente. Ma il re questa volta è davvero nudo, e per quanto potremmo provare a rianestetizzarci nelle sicurezze effimere che fino a ieri blandivamo nella bolla senza domande, sarà davvero difficile continuare a fare gli struzzi quando il primo lockdown, quello con noi stessi e che durava da fin troppo tempo, sarà oramai frantumato dalle botte della realtà. Ma sarà l’occasione più importante. La natura ci ha mostrato il volto che avevamo messo sotto il tappeto, la storia ha svelato i suoi inganni, gli uomini si sono sciacquati la faccia nell’acqua fredda della realtà: tutto ciò è liberazione, non sconfitta. Anche educare, soprattutto educare, sarà anzitutto indirizzare verso questo nuovo orizzonte di senso, per risignificarlo, ogni verso letto in classe, ogni equazione svolta, ogni formula della chimica, dell’arte, della storia che, finalmente, non sarà più la stessa.

15 aprile 2020