Ebrei-cristiani: «Impegnarci per tracciare vie di incontro»

Giornata del dialogo: il vescovo Spreafico replica all’intervento del rabbino capo Di Segni sulla «tentazione della Chiesa di tagliare i ponti con l’ebraismo». L’esortazione del presule: «Abbassare la montagna di odio. Il dolore è uguale per tutti»

Si salutano con una stretta di mano e un sorriso sincero Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, e il vescovo Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana. Nonostante il botta e risposta franco, in alcuni punti anche molto duro, che si sono scambiati all’incontro “Pellegrini di speranza” di ieri pomeriggio, 16 gennaio, alla Pontificia Università Lateranense, organizzato alla vigilia della Giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei.

Dal rabbino sono arrivate critiche esplicite a Papa Francesco per gli interventi sulla guerra in Medio Oriente: lo ha accusato di aver alimentato l’ostilità contro Israele. Dal vescovo è arrivata invece una difesa che non è certo di ufficio. «Sembra che la Chiesa, o almeno una sua parte, stia cedendo di nuovo alla tentazione di tagliare i ponti con l’ebraismo – ha detto Di Segni -. Nel mondo si è sollevata un’ondata di ostilità antisraeliana, che ha rinfocolato e fatto leva su sentimenti antiebraici mai sopiti». Per il rabbino di Roma, «il vocabolario usato è stato funzionale alla demonizzazione e al ribaltamento del senso di colpa per il “genocidio” con parole e concetti propri di una tradizione di ostilità millenaria». Concetti che, ha aggiunto, «anziché essere bilanciati con una visione obiettiva, sono stati ripresi da una parte della Chiesa. Dalla base fino al vertice. E così ha fatto da cassa di risonanza e avallo morale alla condanna».

Di Segni ha poi puntato il dito contro i «vertici della Chiesa cattolica per quanto riguarda le omissioni e citazioni generiche, che stridono con l’attenzione sistematica e quasi quotidiana delle parole di riprovazione e condanna nei confronti di Israele». Quando «la compassione per i sofferenti e la condanna della crudeltà della guerra – ha aggiunto – è monolaterale e monotematica, è sospetta». Fra le numerose critiche, Di Segni ha obiettato anche il fatto che a proposito del conflitto israeliano-palestinese il pontefice avrebbe parlato di sproporzione riferendosi alla reazione israeliana. Per il rabbino, «la vera sproporzione è un’altra».

Pronta la risposta di Spreafico. «Non sono d’accordo – ha detto -. Per il Papa non ci sono figli e figliastri. La compassione è per tutti. In questi mesi non solo abbiamo preso posizione contro la terribile strage del 7 ottobre 2023, ma abbiamo continuato la via del dialogo. Ovviamente – ha aggiunto – siamo molto preoccupati di questo insorgente antisemitismo che riprende assurdi stereotipi antichi che possono solo fare del male. Dobbiamo impegnarci ancor di più a tracciare insieme vie di incontro – ha concluso -. Non possiamo dire che abbiamo eliminato ottant’anni di dialogo, altrimenti torneremmo indietro davvero. Dobbiamo lavorare per abbassare la montagna d’odio che si è creata. Il dolore è uguale per tutti».

Sulla scia di Di Segni anche Ruth Dureghello, già presidente della Comunità ebraica di Roma. «Ci sentiamo minacciati e viviamo in un clima che per certi versi è ancora peggiore di quello che negli anni Ottanta vide il suo tragico epilogo nell’attentato del 9 ottobre. Stiamo assistendo a storture della storia che hanno alimentato un clima di odio sui social e nella vita reale. Anche il dialogo interreligioso – ha aggiunto – è stato messo a dura prova». Riferendosi al Papa, Dureghello ha poi sottolineato: «Quando si ammicca, o quando si aprono le porte, o quando si guarda alle sofferenze di una parte sola, si compiono delle scelte che implicano delle responsabilità e che pongono in bilico il nostro futuro».

A prendere le difese del pontefice anche monsignor Marco Gnavi, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti della diocesi di Roma, che ha moderato l’incontro. «C’è un nemico che è l’odio, che ci vorrebbe distanti – ha detto -. Dobbiamo fare il possibile perché non accada. La Chiesa c’è. Non si possono decostruire gli anni di dialogo. Quello che è stato seminato rimane. O siamo insieme o non ce la faremo. Altrimenti corriamo il rischio di generare equivoci nelle giovani generazioni che non conoscono la guerra e la storia».

L’incontro era stato aperto dai saluti di Claudia Caneva, preside dell’Ecclesia Mater, di Rosario Chiarazzo, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica, e di Simone Caleffi, docente di Teologia del dialogo interreligioso. L’intervento iniziale era stato della biblista Donatella Scaiola, sul passo tratto dal capitolo 25 del libro del Levitico. Tra un intervento e l’altro la musica del gruppo musicale “Progetto Davka” diretto da Maurizio Di Veroli.

17 gennaio 2025