Ebola, appello di Caritas e Medici senza frontiere: «Agire ora»

Contro l’epidemia che dal 22 marzo scorso ha causato oltre 2.600 decessi, l’impegno della rete Caritas e di Medici senza frontiere. L’invito alla mobilitazione internazionale e le raccolte fondi. «Necessarie misure straordinarie»

 

Con una rete di 200 animatori impegnati sul campo, la rete Caritas ha aiutato finora oltre 500mila persone nei Paesi dell’Africa occidentale colpiti dall’epidemia del virus Ebola. Liberia, sierra Leone e Guinea Conakry: è qui che la situazione è più drammatica, ma si registrano casi anche in Nigeria, Senegal e Repubblica Democratica del Congo. Per assistere le popolazioni colpite e prevenire l’espandersi dell’epidemia «sono necessarie misure straordinarie e interventi multisettoriali», dichiarano da Caritas italiana in una nota. Anche perché «intanto crollano le economie locali e si pone un grave problema sicurezza alimentare e malnutrizione, visto che anche i raccolti sono a rischio per mancanza di manodopera nei campi».

Di fronte a questa crisi le Chiese africane sono impegnate in modo incessante, spesso con mezzi inadeguati rispetto ai bisogni. La rete delle Caritas nei Paesi più colpiti svolge attività di sensibilizzazione nelle famiglie, nei luoghi comuni maggiormente frequentati, attraverso le radio, le televisioni e i telefoni. L’obiettivo è quello di accrescere la consapevolezza di una popolazione con elevato tassato di analfabetismo, distribuendo cloro, sapone e cibo. Per sostenere gli interventi in corso: www.caritasitaliana.it, specificando nella causale: “Africa/Epidemia ebola” .

«Agire ora per fermare l’epidemia». È l’appello che arriva anche dall’organizzazione medico umanitaria Medici senza frontiere, in Africa Occidentale fin dai primi giorni dell’epidemia, impegnata in una conferenza stampa ieri, lunedì 22 settembre, a Roma. «A sei mesi dall’inizio della peggiore epidemia di Ebola della storia – dichiarano i responsabili di Msf – , la risposta internazionale è ancora inadeguata, stiamo perdendo troppe vite e le nostre equipe sono al limite delle loro capacità». E mentre a Milano i ministri della Salute di tutta Europa sono riuniti per una riunione informale sul tema, l’organizzazione rilancia l’invito alla mobilitazione internazionale, promuovendo una raccolta fondi straordinaria. Fino al 4 ottobre è possibile donare con un sms o una chiamata al numero 45507 (2 euro) per sostenere l’azione di Msf contro l’Ebola in Liberia e Sierra Leone.

«In Africa occidentale la situazione è drammatica – dichiara il presidente di Msf Loris De Filippi -: decine di persone si ammalano ogni giorno, bussano alle porte dei nostri centri ma siamo costretti a rimandarle a casa perché non abbiamo abbastanza letti per accoglierle. Le nostre forze sono al limite». Dal 22 marzo scorso infatti l’epidemia ha causato oltre 2.600 decessi e si è diffusa a ritmi senza precedenti in Guinea, Liberia, Sierra Leone, Nigeria e Senegal, dove si contano 700 nuovi casi a settimana. Affrontarla, precisa De Filippi, «non significa preoccuparsi dell’eventuale arrivo di un paziente infetto nel proprio Paese. La diffusione del virus va fermata nei Paesi colpiti, attraverso un massiccio e immediato invio di unità mediche civili e militari specializzate. Servono risorse, personale, ospedali da campo e posti letto. Tutti i Paesi che hanno capacità d’azione contro i disastri biologici devono intervenire».

Le equipe di Msf hanno trattato circa il 60% dei casi registrati. Hanno ricoverato più di 2.930 persone, di cui circa 1.750 sono risultate positive all’Ebola. 520 sono guarite. Oggi l’organizzazione è impegnata nei Paesi colpiti con 2.239 operatori, tra cui 239 internazionali e una ventina di italiani, gestisce 5 centri di trattamento, per una capacità totale di 502 posti letto in isolamento, e supporta le strutture sanitarie locali formando il personale e distribuendo kit di sterilizzazione e assistenza medica. Una lotta, quella contro l’epidemia in corso, «estremamente difficile», sia sul piano medico, «perché la nostra capacità è limitata», riferisce la pediatra Roberta Petrucci, appena rientrata dalla Liberia, «sia sul piano umano, perché l’Ebola è una malattia che provoca grandi sofferenze e molti dei nostri pazienti non sopravvivono».

23 settembre 2014