Omicidio dei coniugi di Ferrara, Pollo: «Assoluta centratura su di sé»

Il sociologo analizza il gesto compiuto dal figlio 16enne e da un amico poco più grande. Il Garante Albano: «Intercettare il disagio»

Il sociologo analizza il crimine compiuto dal figlio sedicenne e da un amico poco più grande. «Isolamento regressivo» che impedisce di cogliere la vita degli altri

Da una parte la «banalità dei motivi». Dall’altra, «l’assoluta centratura su di sé che impedisce di cogliere la vita degli altri, quella che pulsa in ogni essere umano intorno a noi, e soprattutto in chi ci ha dato la vita». Per il sociologo Mario Pollo sono questi gli aspetti che più colpiscono nella vicenda di Pontelangorino, provincia di Ferrara, dove un ragazzo sedicenne ha ucciso a colpi d’ascia, con la complicità di un amico poco più grande, i propri genitori. Secondo Pollo, «all’origine di orrendi crimini come questi ci sono motivazioni assai futili, banali, che appartengono alle normali fluttuazioni della vita quotidiana».

Le cronache parlano di scarso rendimento scolastico, individuandolo come possibile origine del conflitto. Se è vero, è l’analisi del sociologo, «un ragazzo che a scuola non si impegna e va male dovrebbe sapere che a casa la cosa non viene presa bene. Fa parte della normale fatica del vivere quotidiano, dove fatti simili non possono essere ipotizzati come l’origine di ciò che in passato veniva definito il male assoluto». Il problema allora è che «l’educazione data ai nostri ragazzi oggi li rende incapaci di superare le avversità, i conflitti, le frustrazioni, le sconfitte che la vita quotidiana offre loro».

Ancora, Pollo mette in evidenza anche «l’autocentratura su di sé» dell’autore del delitto, che lo rende «incapace di cogliere il “tremendum” che c’è nel mettere fine a un’altra vita, quasi fosse un’azione equivalente al prendere un caffè al bar». È proprio questa autocentratura «sui propri motivi interni», per l’esperto, che «impedisce di cogliere la vita degli altri ma anche la propria vita, perché quando viene a mancare il rapporto con l’altro, la persona perde anche il rapporto con se stesso, non riesce più a percepire la ricchezza che è dentro di sé. Dove l’altro non è percepito – evidenzia -, non sento la gioia e il dolore che provoco nella vita degli altri». Il sociologo parla di un «isolamento regressivo dentro di sé», che è frutto anche di «una carenza di fondo di valori morali, etici, di ideali, di qualcosa che aiuti la persona a trascendere il suo qui ed ora, per collocare la propria vita in un disegno più ampio, non necessariamente solo religioso».

Sull’episodio è intervenuta anche Filomena Albano, Garante per l’Infanzia e l’adolescenza, rinnovando l’invito a «intercettare i fattori di disagio e individuare per tempo i segnali di allarme per prevenire fatti atroci, che producono conseguenze irreversibili non solo per le vittime, ma anche per gli autori: ragazzi di minore età, con una personalità ancora in evoluzione». Attendendo gli accertamenti giudiziari in corso, Albano esorta a riflettere «sull’incapacità di gestire i conflitti, sulla carenza di affettività e sulla confusione tra vita reale e realtà virtuale come alcuni degli aspetti che accompagnano e determinano la crescita e l’evoluzione delle persone di minore età in questo momento storico». Quindi ribadisce l’impossibilità di prescindere, «premesso l’accertamento di responsabilità con le dovute conseguenze sul piano penale», dal tentativo di «reinserire nella società chi ha commesso il crimine, in particolare se si tratta di ragazzi, personalità in piena età evolutiva».

13 gennaio 2017