Due case di accoglienza per rifugiate con bambini vulnerabili

Il progetto delle Scalabriniane si chiama “Chaire Gynai”, che sta per “Benvenuta donna”. Iniziativa resa possibile anche dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

Sono state inaugurate il 30 settembre due case per rifugiate con bambini e per migranti in situazioni di vulnerabilità. Il progetto si chiama “Chaire Gynai”, frase in greco che sta per “Benvenuta donna”. L’iniziativa è stata resa possibile oltre che dalla Congregazione delle Suore Missionarie Scalabriniane, anche dal Dicastero della Santa Sede per il servizio dello sviluppo umano integrale (Sezione migranti e rifugiati), dalla Civcsva (Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica), dalla Uisg (Unione internazionale superiore generali) e dalla Conferenza episcopale italiana.

Chaire Gynai, casa per donne rifugiateLe Scalabriniane hanno coinvolto anche le Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, che hanno messo a disposizione gli spazi. Le due case (tra le prime del genere in Italia) nascono in via della Pineta Sacchetti e in via Michele Mercati e accolgono 17 donne e 7 minori. Qui si potrà stare per un periodo che va dai 6 mesi a un anno massimo, fino a che «non abbiano raggiunto una completa autonomia», si legge in una nota. Gli ospiti arrivano da Siria, Uganda, Senegal, Congo, Camerun, Etiopia, India e Burundi. «Il progetto nasce nel cuore del Santo Padre quando ha invitato tutte le Congregazioni religiose presenti nel territorio della diocesi di Roma ad accogliere i migranti e i rifugiati e chi ha scelto di fare il percorso della loro vita in questo territorio. Questa è la testimonianza di come costruiamo ponti per una società accogliente e aperta», ha spiegato padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per lo sviluppo umano integrale.

«L’appello del Papa non è caduto nel vuoto. Accogliere i bambini e le mamme è il gesto di Gesù Cristo. Il messaggio di Gesù è un messaggio di vita», ha detto il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. «Accogliere, proteggere, promuovere, integrare sono i quattro verbi guida per Papa Francesco e sono i quattro verbi che guidano le nostre scelte pastorali, perché nessuno deve sentirsi straniero, tutti siamo figli e figlie dello stesso Padre», ha sottolineato la superiore delle scalabriniane, suor Neusa de Fatima Mariano: questo progetto è un’opportunità che la Chiesa e i propri migranti e rifugiati «ci offrono per rispondere con fedeltà alla nostra missione a servizio dei migranti attraverso il volto femminile del carisma scalabriniano. Ma fin dall’inizio per noi era chiaro che non era un progetto soltanto nostro, che non potevamo e non possiamo farcela da sole, ma possiamo realizzarlo in collegamento e in collaborazione soprattutto con gli Istituti di vita religiosa consacrata, affinché sia un segno profetico nel servizio alle donne e ai bambini rifugiati».

«Valorizziamo il principio della dignità umana, il diritto alla libertà e all’uguaglianza, la valorizzazione delle persone e la loro tutela – ha chiarito suor Eleia Scariot, scalabriniana coordinatrice del progetto -. L’intenzione è quella di sostenere le donne nel loro percorso di integrazione e valorizzazione professionale. La base è il riscatto della speranza: queste donne ricevono aiuto e accompagnamento umano e professionale, vivendo esperienze di convivenza, di divertimento e di spiritualità che siano rivitalizzanti per riscattare la stima di loro stesse, spesso ferita durante il loro viaggio migratorio».

2 ottobre 2018