Dostoevskij, Marco Lombardo e il problema del bene e del male

Riflessioni a partire da un utente che decide di copiare a mano “Delitto e castigo” e da un commento al canto XVI del Purgatorio. La libertà di Dio e la nostra

Ieri pomeriggio ero in fila alla cassa al supermercato. Purtroppo da un po’ di tempo anche io ho il vizio di stare al telefono mentre aspetto, perché prima mi capitava invece di scambiare qualche parola con chi era in coda e fa sempre bene. Ma ieri, poco prima di pagare la spesa, scorrendo con un dito ho visto un’immagine che mi ha molto colpito. Su uno dei tanti gruppi ai quali sono iscritto, uno di quelli dedicati a Fëdor Dostoevskij, un utente aveva postato una foto di due fittissime pagine di un quadernone scritte a penna, con la quale condivideva il fatto che stesse ricopiando a mano «tutto “Delitto e castigo”».

Molti l’avevano deriso nei commenti, io, d’istinto, ho scritto: «È una cosa bellissima, grazie di averla condivisa». Lui mi ha ringraziato, io ho glissato con un «il principe Myskin ti direbbe bravo», in riferimento alla stupenda parte de “L’idiota” dove si parla dell’amore del principe per la bella grafìa. Ma mentre tornavo a casa con le buste ho continuato a pensarci su e ho capito che quell’immagine aveva mosso anche altri pensieri.

La mattina in classe avevo letto e commentato per due ore, sì due ore, il canto XVI del Purgatorio, quello di Marco Lombardo, quello in cui Dante pone la domanda sul male nel mondo, sulla responsabilità o meno degli uomini, su quanto pesi la nostra libertà su ciò che capita su questa terra. Va detto che io non avevo affatto preventivato di fare due ore su quel canto, assillato come tutti dal tempo che fugge, dai ritardi della dad e dal programma da finire: due ore su Marco Lombardo le avrei potute pure evitare. Eppure a un certo momento in classe s’è creato un silenzio, un’attenzione, una voglia di capire che chi insegna sa, e così Marco Lombardo s’è imposto e noi, una semplice quarta classe di una scuola di provincia, abbiamo preso di petto il problema del bene e del male, delle cause prime e seconde, della libertà di Dio e di quella nostra. Ecco, mentre fuori il mondo s’azzuffava compulsivamente sul trend topic del giorno, noi con Dante e Marco Lombardo stavamo decidendo insieme quanto contasse ogni nostra singola scelta sulle sorti del mondo intero.

 Mentre a sera riportavo a casa le buste della spesa ho messo insieme le pagine copiate a mano di Dostoevskij e quello che avevo fatto la mattina e ho capito che in fondo avevamo fatto la stessa cosa. Per questo m’era piaciuta tanto quella foto, per questo avevo ringraziato il suo autore, per questo m’ero sentito meno fuori dal mondo: perché confermato nel fatto che i tempi dell’educazione sono i tempi lenti, lentissimi del conoscere, i tempi del capire, dell’interpretare, proprio come copiare a mano ogni singola lettera, ogni singola parola, ogni singolo senso delle pagine che abbiamo amato.

Qualche giorno fa mi sono trovato a correggere la verifica di un alunno che ho da quattro anni, all’inizio un vero disastro, uno di quelli che di certo avrà abbattuto le medie Invalsi della mia classe. Sono passati quattro anni, di strada lenta, lentissima, fatta insieme. L’altro giorno ho corretto una sua verifica: splendida, ma ci sono voluti quattro anni. Forse un giorno gli confiderò che il foglio del suo elaborato, quello di un Dostoevskij ricopiato a mano, quello perduto di un canto scritto secoli fa, per un istante, con la spesa in mano, mi sono sembrati improvvisamente scritti con la stessa identica penna.

6 maggio 2021