Dopo il Giubileo, «impegniamoci a non rimanere indifferenti»
Chiusa la Porta santa di San Giovanni in Laterano. Il cardinale Vallini: «Il popolo dei sofferenti di Roma ci appartiene, ce lo ha lasciato il Signore»
Chiusa la Porta santa di San Giovanni in Laterano. Il cardinale Vallini: «Il popolo dei sofferenti di Roma ci appartiene, ce lo ha lasciato il Signore»
Le mani del cardinale vicario Agostino Vallini si posano vicino alla scritta incisa nel 2000 dal maestro Floriano Bodini: «Christus heri, hodie, semper». Sotto la spinta, i cardini si muovono su se stessi, nel silenzio dell’intera basilica. Alle 17.41 del 13 novembre, un rumore sordo annuncia la chiusura della Porta Santa della cattedrale che è madre e capo di tutte le chiese di Roma e del Mondo. Una volta terminato il breve rito, il cardinale con il vicegerente Filippo Iannone e l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, i vescovi ausiliari, il vicario del cardinale arciprete Luca Brandolini, i canonici, i coadiutori del Capitolo lateranense e decine di sacerdoti romani, si sono recati in processione all’altare papale di San Giovanni in Laterano, accompagnati dal coro diocesano diretto da monsignor Marco Frisina
Quasi a consuntivo di un intenso anno santo, il cardinale Vallini ha sottolineato come nel corso del Giubileo, la Chiesa abbia «imparato nuovamente che la sorte finale del mondo non è in mano gli uomini, ma alla misericordia di Dio, di cui Gesù è il volto visibile». Una misericordia che non è «segno di debolezza o di rinuncia, ma forza, magnanimità, irradiazione dell’onnipotenza amorevole del Padre che guarisce le nostre infermità, risana le fragilità, ci rialza dalle nostre cadute e ci sprona al bene».
Il pensiero del cardinale è andato poi ai poveri, aii malati, agli esclusi. Tanti di loro hanno passato la porta santa della basilica lateranense. «Se ci soffermiamo a considerare l’amore di Gesù» nei loro confronti, «e soprattutto se contempliamo il Redentore nella passione e morte in croce, noi non troveremo altra spiegazione che la manifestazione della sua misericordia verso di noi. Perché tutto il Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione».
Nel corso dell’Anno Santo, il Papa, ha proseguito Vallini, «ci ha invitato a vivere più consapevolmente le parabole della misericordia»: quella della pecora smarrita, della moneta perduta, del padre misericordioso. Parabole che ci «offrono un grande insegnamento», proprio a noi «che per le nostre debolezze spesso restiamo inattivi spettatori verso chi sbaglia o pensiamo di far bene giudicando e rimproverando». Il Signore ci tratta «come il padre misericordioso che aspetta fiducioso il ritorno del figlio e quando lo vede da lontano gli corre incontro, lo abbraccia, lo riveste di dignità di figlio e fa festa».
Come noi siamo stati degni di misericordia, ha continuato il cardinale, così dobbiamo essere misericordiosi verso gli altri. Dobbiamo «raccogliere l’impegno ad accrescere la nostra attenzione, la nostra cura e premura verso i sofferenti e i poveri: farsi prossimi, accorgersi di chi soffre, interessarsi, impegnarsi a fare quanto ci è possibile per aiutare, sollevare, consolare». Il «popolo dei sofferenti», che a Roma è «ormai così visibile e numeroso nei nostri palazzi, quartieri, parrocchie, ci appartiene, ce lo ha lasciato il Signore».
A loro sono dedicate le cure e i servizi della «nostra Caritas diocesana, le Caritas parrocchiali e tante altre generose associazioni ecclesiali e di volontariato», ma «curare le ferite dei poveri, lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta è dovere di tutti, secondo le possibilità di ciascuno». Per questo, ha concluso il cardinale Vallini, «impegniamoci a non rimanere indifferenti». Poi l’appello finale, a suggello dell’anno della misericordia: «Risvegliamo la nostra coscienza davanti alle pene di tante famiglie che ci vivono accanto, e testimoniamo in una società sempre più cinica che l’unica realizzazione della vita sta nel donare amore e vivere secondo giustizia le nostre relazioni umane».
14 novembre 2016