Don Roberto Malgesini, «segno di contraddizione in un clima di intolleranza»

Il Cnca ricorda il sacerdote ucciso a Como: «È stato un esempio di accoglienza. Aiutava chiunque ne avesse bisogno, senza curarsi della nazionalità»

«Un esempio di accoglienza». Il presidente del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) Riccardo De Facci ricorda così don Roberto Malgesini, il sacerdote ucciso a Como all’alba del 15 settembre da un uomo senza dimora con gravi problemi psichici. «Anche durante la pandemia di Covid-19 – evidenzia De Facci – non ha mai smesso di essere vicino a chi era in strada».

Per il presidente del Cnca don Malgesini «era un uomo mite e forte nello stesso tempo, che, senza clamore, faceva ciò che riteneva giusto: aiutare chiunque ne avesse bisogno e in particolare chi era ai margini della società, senza curarsi della loro nazionalità. Per questo – prosegue – non era benvoluto da tutti, e soprattutto da coloro che avrebbero preferito allontanare dal centro di Como, dai luoghi più pregiati della città, quelli che venivano guardati con disprezzo e fastidio».

Era, insomma, «un consapevole segno di contraddizione rispetto a un clima di intolleranza e indifferenza verso i più fragili che riscontriamo troppo spesso in ambiti istituzionali, tra le forze politiche e in una parte non residuale della collettività – conclude De Facci -. Noi saremo ancora più vicini ai tanti che, come don Malgesini, si impegnano in prima persona, a Como e in tutta Italia, contro questo clima che avvelena le relazioni sociali, riduce e contrasta gli spazi per la solidarietà e lascia sole le persone, soprattutto le più vulnerabili e malate».

17 settembre 2020