Don Pino Puglisi, in un libro tutti gli scritti
Presentato al Tempio di Adriano. La Regione Lazio intitolerà al sacerdote ucciso dalla mafia un campo di calcio a Montespaccato sequestrato al crimine organizzato
«Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto» ripeteva don Pino Puglisi, il sacerdote di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 mentre rincasava. La celebre frase del primo beato della Chiesa cattolica morto per mano mafiosa è il titolo del libro edito da Rizzoli il cui autore è il giornalista Francesco Deliziosi, allievo al liceo e collaboratore del prete di trincea. “Don Pino Puglisi – Se ognuno fa qualcosa si può fare molto” è stato presentato ieri sera, martedì 18 settembre, al Tempio di Adriano durante una serata organizzata in occasione dei 25 anni dall’assassinio del presbitero palermitano.
L’evento è stato promosso dalla Regione Lazio, da anni impegnata in un percorso istituzionale, civile e culturale di contrasto alla mafia. È stata l’occasione per il presidente Nicola Zingaretti di annunciare che ad ottobre sarà intitolato a don Puglisi il campo di calcio del quartiere di Montespaccato sequestrato a giugno alla mafia. Nella struttura di via Stefano Vaj giocano seicento bambini e ragazzi iscritti alla “Polisportiva Dilettantistica Montespaccato”.
In 560 pagine il volume mette insieme per la prima volta gli scritti più significativi di “3P”, soprannome creato dallo stesso sacerdote dalle iniziali padre Pino Puglisi, a partire dalla lettera scritta a 15 anni per chiedere l’ammissione al seminario, fino al foglio in cui è appuntata la scaletta per gli esercizi spirituali con un gruppo di religiose scritto appena 25 giorni prima dell’omicidio. Attraverso le lettere, le trascrizioni di omelie, le relazioni, i testi inediti, le testimonianze di chi gli è stato accanto fino al giorno del suo assassinio, il lettore può conoscere più a fondo il prete che sfidò apertamente Cosa nostra con le sue omelie pronunciate a volte sul sagrato della chiesa di San Gaetano a Brancaccio. Istruiva i suoi giovani sul significato del termine “giustizia” come spiega il testo che contiene anche le trascrizioni delle meditazioni tenute dal sacerdote nei campi scuola.
Analizzando il “discorso della montagna”, e in modo particolare il passo in cui Gesù dice «beati i perseguitati della giustizia», padre Pino spiega che «giustizia significa porre al primo posto il valore della persona umana, di ogni persona, di ogni uomo, non pensando solo a se stessi». Nel libro è inoltre riportato per intero il testo della conferenza “Mafia e chiesa: la cultura dell’amore contro la cultura del malaffare” durante la quale don Pino pronunciò la sua frase più famosa «e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto».
Nei suoi appunti don Puglisi, ucciso sotto casa nel giorno del suo 56° compleanno, parla spesso del martirio. Sapeva dell’ostilità che i boss nutrivano nei suoi confronti perché «toglieva i giovani alla mafia» come è emerso al processo ai mandanti e agli assassini di 3P. Dalle pagine affiora la continua lotta per la legalità e il riconoscimento dei diritti civili di Brancaccio come l’apertura di una scuola media (inaugurata solo nel 2000). La determinazione ad andare avanti nonostante le intimidazioni e gli attentati a danno dei collaboratori più vicini. Il suo estremo tentativo di dialogare con i criminali.
Durante un’omelia si rivolse direttamente ai protagonisti delle intimidazioni: «parliamoci, spieghiamoci, vorrei conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di educare i vostri figli al rispetto reciproco». Anche se con le persone a lui vicine sdrammatizzava dicendo «ma avete mai sentito dire che la mafia uccide i preti?», in cuor suo sapeva di non avere molto tempo. Non a caso prima di essere ucciso disse ai suoi assassini con un sorriso «me l’aspettavo».
La prefazione è dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice il quale ha ricordato la visita di sabato di Papa Francesco. «Padre Puglisi non deve essere ridotto ad una cornica agiografica – ha detto – faremmo del male a lui e alla Chiesa». Lorefice ha osservato che Bergoglio ha compiuto pellegrinaggi sulle orme di don Lorenzo Milani, don Zeno Saltini, don Primo Mazzolari, don Tonino Bello e per ultimo in ordine di tempo don Puglisi. «Un itinerario sui passi di uomini che hanno fatto sul serio – ha rimarcato – liberamente e consapevolmente hanno aderito al Vangelo pagando anche con l’effusione del sangue. Don Pino ha dato un’alternativa alla comunità cristiana del territorio. È stata una presenza evangelica libera e liberante».
Per il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, siciliano di origine, il libro ha rappresentato un tuffo nel passato. «Ho rivissuto l’oppressione in cui si viveva a Palermo in quegli anni. Più di mille morti, una violenza incombente e senza limiti. Falcone, Borsellino, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, padre Puglisi, erano consapevoli di rischiare la vita. Lo Stato ha sconfitto quella mafia, e l’omicidio di don Puglisi è l’ultimo dei delitti “eccellenti”, in Sicilia. Era una risposta alle parole di Papa Wojtyla che colpirono profondamente i mafiosi dell’epoca che si presentavano come custodi della tradizione».
L’esempio di don Puglisi, ha aggiunto, deve portare «ad un’assunzione di responsabilità e di coerenza. Gli eroi della lotta al crimine vanno sì ricordati ma assumendosi le proprie responsabilità. Troppo facile inaugurare un monumento». La spiritualità di 3P oggi «è ancora attualissima» ha osservato Deliziosi e la si ritrova nei sacerdoti che ha formato e che operano nelle parrocchie di periferia. Il volume «vuole essere un servizio soprattutto a favore delle nuove generazione che hanno la possibilità di conoscerlo attraverso i suoi scritti». I diritti d’autore del libro saranno devoluti per la realizzazione di opere tese a mantenere viva la memoria di padre Puglisi. L’incontro è stato moderato da Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio.
19 settembre 2018