Don Milani nel canone letterario

Nel libro di Melloni, ripercorsa la straordinaria vicenda del priore di Barbiana, tesa a «ridislocare la parola come caparra della redenzione», capace di affermare, qui e ora, la vera salvezza

Al termine del centenario della nascita di don Lorenzo Milani, sulla scia delle tante iniziative organizzate per ricordarne la figura, è uscito il libro di Alberto Melloni – Storia di μ. Lorenzino don Milani (Marietti1820, 25 euro) – che nel 2017 curò, insieme ad altri studiosi, i due Meridiani della Mondadori in cui vennero raccolte le opere del grande sacerdote, maestro e profeta toscano. Il testo, impreziosito dalle bellissime fotografie ricavate dall’archivio della famiglia Milani, nonché da alcuni scatti del giovane Oliviero Toscani, oltre a suggestive citazioni dalle canzoni di Fabrizio De André, rielabora e approfondisce proprio l’introduzione dell’opera omnia.

Si tratta di uno scritto di particolare intensità, anche stilistica, nel quale viene ripercorsa la straordinaria vicenda di un uomo indimenticabile, mettendo in rilievo soprattutto il valore che egli attribuiva alla parola «come atto che libera il pensiero dall’estemporaneità, dà forma alla vita, ne oggettiva la traditio». Nel primo Avviso l’autore spiega la ragione per cui ha scelto di chiamare il protagonista con il Mi greco: «Non per trovare un’abbreviazione insolita né per un vezzo. Ma per lasciare intatti i nomi con cui lo chiamava chi lo ha amato da vivo».

È tuttavia nel secondo Avviso, alla fine del volume, che Melloni scopre le sue carte mostrando il fondamento cristiano della vita milaniana, tesa a «ridislocare la parola come caparra della redenzione: perché la redenzione non può essere lecitamente desiderata se prima non c’è la passione per un impossibile riscatto del tempo penultimo».

Riflettiamo su questo punto cruciale, la cui comprensione potrebbe farci superare in un sol balzo ogni riduzione in chiave tecnicistica, pedagogica o, peggio ancora, semplicemente politica, della lancinante e suprema esperienza milaniana: la conquista della parola in lui non si limita a ripristinare l’alterata uguaglianza delle posizioni di partenza fra Pierino e Gianni, se fosse soltanto questo non si spiegherebbe neppure il tradimento che il priore annunciò a Pipetta, il compagno comunista, in una famosa lettera, ma afferma, qui ed ora, ben prima che nel tempo ultimo, di cui nulla possiamo dire, la vera salvezza.

E in quale altro luogo potrebbe avere compimento l’evento messianico, senza tacere «la seduzione/delusione profetica (Ger. 20,7)», se non nella relazione vitale fra studente e insegnante? «Fino alla scrittura collettiva: atto comunitario e gesto liturgico». Non è teologo, sottolinea giustamente Melloni, sulla scia di Jean-Pierre Jossua, chi scrive o parla di cose religiose, bensì chi «assume il limite più estremo – quello del fare scuola come presa in carico della cura dell’altro». Nessuno finora l’aveva detto in modo così chiaro e illuminante. È questo il motivo essenziale per cui don Milani, perla nel campo, si è conquistato «un posto da titolare nel canone letterario novecentesco».

16 gennaio 2024