Don Marco Gnavi, in prima linea per il dialogo, dal cuore di Roma

Parroco di Santa Maria in Trastevere, è anche responsabile dell’Ufficio diocesano ecumenismo. «C’è una grande domanda di Vangelo e sono i poveri a farla emergere»

Spot tv e radio, video e articoli – protagonisti anche i periodici diocesani come Romasette.it iscritti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) – mettono in luce, nell’ambito della campagna Cei per la sensibilizzazione sul sostegno ai sacerdoti diocesani, l’impegno dei presbiteri e le attività promosse grazie alla collaborazione con i laici. Opportunità per richiamare alla corresponsabilità economica verso l’operato dei sacerdoti diocesani e sentirsi “Uniti nel dono“. Nella campagna di sensibilizzazione si inserisce il racconto di storie dell’impegno di sacerdoti diocesani: dopo quelle dedicate a don Meloni, a don Simeone, a don Sparapani e a monsignor Mancini, Romasette.it propone l’esperienza di monsignor Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere.

Al termine di ogni celebrazione si attarda con i fedeli sotto il portico della chiesa, scambiando qualche parola con ognuno. Negli altri orari è in confessionale o tra i banchi, impegnato in una delle innumerevoli attività parrocchiali. Non di rado lo trovi a dialogare con i turisti, cristiani e non, attratti dalla bellezza dei mosaici e delle icone della basilica di Santa Maria in Trastevere, una delle parrocchie storiche di Roma, che lui, monsignor Marco Gnavi, guida dall’ottobre 2010. Classe 1959, originario di Torino, è stato «adottato da Roma» quando era un giovane sacerdote. A Trastevere lo conoscono tutti, dal 2014 è anche rettore della chiesa di Sant’Egidio. Si definisce «un prete privilegiato» perché nella “sua” basilica, la cui caratteristica è quella di «avere le porte sempre aperte e i confini larghi», ci sono tutti gli elementi della vita ordinaria di ogni parrocchia che si intrecciano «con tanti momenti straordinari di accoglienza e di dialogo» dove ognuno diventa membro della comunità e dove «si respira la particolare sensibilità, simpatia ed empatia verso il prossimo».

Tra le navate della chiesa, che secondo la tradizione fu fondata da Papa San Callisto sul luogo dove nel 38 a.C. sgorgò la “Fons Olei”, ossia la fuoriuscita dal suolo di una polla di olio minerale o di acqua non potabile, trovano spazio le persone con disabilità, i malati, i poveri, gli scout, il gruppo Rinascita cristiana e altri. «Raggiungiamo chi solitamente è ai margini della vita sociale ed ecclesiale», dice monsignor Gnavi, che prova «gioia per la presenza in parrocchia di tanti catecumeni adulti. C’è una grande domanda di Vangelo e spesso sono i poveri, gli ultimi, che ci aiutano a farla emergere». Grazie a questa caleidoscopica comunità non ha «mai sentito il graffio della solitudine» perché ha vissuto con i laici «alla scuola del Vangelo, smussando gli spigoli» della sua umanità.

Impegnato per favorire il dialogo e l’unità tra i cristiani, don Marco è responsabile dell’Ufficio e della commissione diocesana ecumenismo e dialogo, oltre che segretario dell’analoga commissione della Conferenza episcopale del Lazio. «L’ecumenismo è fatto di rapporti fraterni – spiega -. Questo avviene anche negli incontri con uomini appartenenti a un altro credo religioso. Quando a Santa Maria in Trastevere vengono in visita delegazioni ortodosse o evangeliche, si sentono a casa. Molti fra i credenti di altre fedi sanno che qui trovano un luogo di incontro dove dal profondo dell’identità di ciascuno può sgorgare il meglio in vista di un bene comune. L’ecumenismo – continua – è vivere gli orizzonti globali del Vangelo».

Crocevia di culture e fedi diverse, Santa Maria in Trastevere è anche il luogo in cui opera la Comunità di Sant’Egidio. La basilica, infatti, fu affidata da Papa Giovanni Paolo II alla Comunità fondata da Andrea Riccardi nel 1968. Don Marco, membro della fraternità missionaria della Comunità di Sant’Egidio, conobbe la Comunità «da liceale» ed è cresciuto «nelle periferie, svezzato, con altri giovani, dall’amore verso la Parola di Dio. Sono divenuto prete – afferma – sapendo che l’amicizia con i poveri è una benedizione e fra l’altare e la mensa della carità c’è un legame strettissimo».

Tra i gruppi presenti a Santa Maria in Trastevere, come detto, c’è quello dei disabili. È composto da quaranta adulti con disabilità mentali che ti «conquistano e ti rapiscono il cuore con il loro affetto e la loro allegria», sottolinea Gnavi. La catechesi è curata da Paola Scarcella, che li accompagna ai sacramenti con un cammino di fede. «In questa comunità i disabili sono ben visibili, accolti e integrati», sottolinea. Sempre presenti nelle celebrazioni eucaristiche domenicali e nelle solennità, «sono esempio di grande fedeltà. Il loro essere sempre gioiosi, il modo di vivere la fragilità, senza avere paura di essa ma vedendola come occasione per aprirsi all’altro, li rende una testimonianza importante per tutti – sono ancora le parole della catechista -. L’inclusione è il perno della vita parrocchiale e i più fragili sono coinvolti pienamente nelle attività di servizio». Spesso persone affette da disturbi dello spettro autistico si offrono di fare compagnia ai malati, agli anziani, servono al “Pranzo dell’amicizia”, organizzato una volta al mese per i più poveri. «L’attenzione ai più fragili è preziosa per la crescita di ognuno», conclude Scarcella.

Maurizio Capotondi, uno dei lettori della comunità, ricorda bene il giorno in cui è entrato per la prima volta a Santa Maria in Trastevere. Era il 13 settembre 1980, giorno della nascita della figlia Cristiana, oggi affermata attrice. «Mi avevano detto che in quel periodo la parrocchia ospitava la Madonna itinerante – dice -. Volevo ringraziarla perché tutto era andato bene e mi sono sentito attratto da questa comunità. Mi sono così riavvicinato alla vita della Chiesa e alla Parola di Dio». Soffermandosi sull’ecumenismo riflette che lui lo vive tra le pareti domestiche. La moglie, infatti, è di origine ebraiche ma spesso è presente alle celebrazioni a Santa Maria in Trastevere. Parlando dei tanti incontri promossi per facilitare il dialogo interreligioso sottolinea che «sono un arricchimento. Favorire l’ascolto reciproco con persone di altre fedi, stringersi le mani, può portare a un mondo migliore».

14 dicembre 2022