Don Guernieri: una vita accanto ai detenuti

Il coordinatore dei cappellani di Rebibbia è morto il 25 novembre. Le esequie il 27 al Divino Amore. Don Spriano: «Ci ha lasciati come ha sempre vissuto: aiutando»

don Roberto Guernieri
don Roberto Guernieri

Una vita, da sacerdote ma prima ancora da uomo, al fianco di chi, in debito con la giustizia, aveva bisogno di una mano per ripartire, per riconciliarsi con se stesso e con la società e cercare di non sbagliare più. Con questo spirito ha vissuto don Roberto Guernieri, prima cappellano nella Casa circondariale maschile del nuovo complesso di Rebibbia e poi, dal 2016, coordinatore dei Cappellani dello stesso carcere romano, che si è spento ieri, 25 novembre, all’età di 62 anni.

«Ci ha lasciati come ha sempre vissuto, aiutando i detenuti», racconta con commozione Don Sandro Spriano, al suo fianco per quasi trent’anni, anch’egli cappellano a Rebibbia fino alla scorsa estate. «È venuto a mancare – racconta – dopo essere andato ad accompagnare un detenuto in una delle due case-alloggio che aveva creato molti anni fa, proprio per ospitare e dare un tetto a chi uscito da poco dal carcere o in permesso premio».

Dopo i primi anni, dal 1998 al 1994, come vicario parrocchiale di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva, don Roberto Guernieri era entrato come cappellano a Rebibbia nel 1993. «Per oltre 28 anni – ricorda Spriano – abbiamo lavorato insieme con i detenuti in mille modi, curando sia l’aspetto religioso e spirituale sia quello umano e più materiale. Don Roberto – racconta – era un uomo di fede, con un carattere a volte un po’ scontroso, ma finiva sempre per trovare in sé e negli altri il sorriso e la riconciliazione». L’unico pensiero, sempre fisso, di don Guernieri, come racconta l’amico sacerdote, era «stare accanto a chi era emarginato e diseredato, ben conscio che in mezzo ai poveri e ai fragili c’è la presenza di Cristo». Soprattutto negli aiuti più materiali, tanto che «ogni anno, a parte con il Covid, don Roberto festeggiava il suo compleanno, a gennaio, con una Messa e un enorme pranzo, invitando centinaia di famiglie di detenuti e del personale del carcere. Tutti venivano non per il pranzo ma per ringraziare sinceramente un fratello che stava accanto a loro e li aiutava o li aveva aiutati in passato».

Anche nei momenti liturgici più importanti dell’anno, racconta sempre don Sandro Spriano, «si spendeva molto in cerca di colombe, panettoni e soprattutto vestiti e viveri per chi sapeva essere meno abbiente». Un esempio di solidarietà e umanità, ma «guai a pensare lo facesse perché era sacerdote – precisa don Spriano -. Parlare di Gesù Cristo per lui era ovviamente fondamentale, ma era forse l’ultimo pensiero perché tutto partiva, certamente, dalla fede, ma poi il suo percorso con i detenuti si concentrava sulla vicinanza umana, fraterna e filiale con le persone. Perché gli altri erano proprio questo per lui: persone, semplicemente persone».

Le esequie del sacerdote si svolgeranno domani, 27 novembre, alle 14.30 al santuario nuovo della Madonna del Divino Amore, in via del Santuario 10. A presiedere sarà il cardinale Enrico Feroci.

26 novembre 2021