Don Di Liegro e la «carità integrale»

Presieduta dal vicegerente Palmieri la Messa di suffragio nel XXIV anniversario della morte, ai Santi Apostoli. Trincia (Caritas Roma): «La sua testimonianza ci invita a cogliere i segni del tempo, aprendoci al nuovo e ascoltando la città»

Un sacerdote con «una visione profondamente biblica della città, intesa come corpo collettivo a cui tutti siamo chiamati a partecipare». Con queste parole l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi di Roma, ha ricordato ieri sera, 12 ottobre, don Luigi Di Liegro, nella Messa di suffragio nel XXIV anniversario della morte, presieduta nella basilica dei Santi Apostoli e concelebrata dal vescovo Benoni Ambarus e da padre Sandro Barlone, presidente della fondazione intitolata al fondatore e primo direttore della Caritas diocesana. «Il modello di città di cui parla la Scrittura è la Gerusalemme del Cielo, che ha porte ovunque – ha proseguito -. Questo sogno permette al cristiano di comprendere i limiti della città di quaggiù, la stessa verso cui don Luigi sentiva una tensione profonda».

Dopo aver letto alcuni brani del sacerdote, Palmieri ne ha sottolineato il grande impegno a favore degli ultimi – dai senza tetto ai detenuti, dai disabili ai malati di Aids -, soffermandosi sull’esperienza vissuta in Belgio nel 1958 accanto ai tanti immigrati italiani che lavoravano nelle miniere. «Lì e in tanti altri luoghi imparò a riconoscere le lacrime dei poveri e a immedesimarsi, in quanto figlio di immigrati, nel destino di tante persone particolarmente sofferenti – ha aggiunto ancora il presule -. Quando si rileggono i suoi scritti, ci si rende conto che non è cambiata la missione della Chiesa nella città, ovvero quella di essere prolungamento della Parola di Dio». Per questo, «la presenza di don Di Liegro è da collegare con una memoria viva, condivisa, collettiva – ha concluso -. Oggi dobbiamo procedere a quella operazione a cui Papa Francesco spesso fa riferimento: mettere insieme i sogni degli anziani e quelli dei giovani».

Ed è in questa prospettiva che, secondo il direttore della Caritas diocesana Giustino Trincia, va colta l’opera di don Di Liegro, dal suo primo incarico, nel 1953, come viceparroco di San Leone Magno al Prenestino alla promozione del Convegno sui “mali di Roma”, nel 1974, fino ad arrivare alla nascita dell’organismo pastorale diocesano e alla costruzione dei tanti luoghi di solidarietà per i più fragili: «La sua è una testimonianza attuale che ci invita a cogliere i segni del nostro tempo, aprendoci al nuovo e ascoltando la città: in questo c’è la fedeltà al Vangelo», ha commentato a Roma Sette Trincia, evidenziando come «l’eredità di don Luigi possa essere declinata in almeno due aspetti». Il primo è «la capacità di dare sempre la priorità al punto di vista delle persone povere e messe ai margini», mentre il secondo «è una visione della carità integrale, materiale, spirituale e intellettuale». Una visione lontana dall’assistenzialismo e capace di abbattere le barriere sociali, come ha spiegato il direttore della Caritas di Roma: «Si tratta di guardare alle tante situazioni di ingiustizia e disuguaglianza, intervenendo anche sulle cause con competenza, equilibrio e invocando lo Spirito Santo». Da qui l’invito a essere, sull’esempio del fondatore, «promotori e costruttori di giustizia capaci di affrontare i problemi e costruire il bene comune».

A mantenere viva la memoria di don Di Liegro contribuisce oggi la fondazione a lui intitolata, che ha catalogato in un archivio documenti, appunti e testimonianze di don Luigi. «È il discernimento la virtù che attraversa la sua opera – ha detto Alessandro Romelli, dell’organizzazione, al termine della celebrazione a cui ha preso parte anche il prefetto di Roma Matteo Piantedosi -. Fede, speranza e carità erano per lui dimensioni indivisibili».

13 ottobre 2021