Don De Rossi, tra azione pastorale e passione politica

Al sacerdote romano, classe 1877, si deve la prima ricostruzione sulla nascita e sui primi anni di vita del Partito popolare italiano fondato da don Luigi Sturzo

Cento anni fa, il 18 gennaio 1919, nasceva a Roma il Partito popolare italiano, il primo organismo politico formato da cattolici che si impegnò in una stagione di proposta politica democratica di ispirazione cristiana poi spazzata via dall’ascesa del fascismo e dall’instaurazione del regime dittatoriale. Nel partito fondato da don Sturzo ebbe un ruolo non indifferente un prete romano votato all’impegno pastorale e al giornalismo: don Giulio Cesare De Rossi. Alla fine del 1918 egli aveva partecipato alle riunioni preparatorie che portarono alla fondazione del partito. Sturzo, che apprezzava le sue doti giornalistiche, gli affidò la responsabilità dell’ufficio stampa e propaganda.

Negli anni della prima guerra mondiale don De Rossi aveva diretto il periodico “Il Prete al campo”, utile al collegamento tra i cappellani militari e ricco di indicazioni e argomenti per l’attività dei preti incaricati della pastorale dei soldati. Dal 1916 diresse “La settimana sociale”, l’organo della giunta direttiva dell’Azione cattolica sulle pagine del quale fino alla fine del conflitto richiamò i cattolici all’«unione» e al «dovere» di fronte al Paese in guerra. Fu in questo contesto che entrò in contatto con don Luigi Sturzo, che collaborava al periodico ed era segretario generale della giunta direttiva di Azione cattolica. Da allora De Rossi condivise le iniziative politiche di don Sturzo e le appoggiò con i suoi articoli.

Nei suoi interventi di carattere politico definì il Ppi come partito delle libertà organiche, condusse una battaglia a favore del sistema proporzionale, e si spinse a perorare un’uscita dalla crisi del primo dopoguerra attraverso una coalizione tra i popolari e le forze di sinistra in base ad un programma «audace e concreto». Assieme a Igino Giordani diresse dal 1921 “Il Popolo nuovo”, organo ufficiale del partito dal 1919. Sturzo lo volle anche nella redazione del Popolo, che prese dal 1924 il posto del “Popolo nuovo”, per frenare l’irruenza del direttore Donati verso gli ambienti ecclesiastici filofascisti. Ma nel marzo del 1924 De Rossi lasciò la redazione del quotidiano, continuando però a scrivervi per  richiamare i cattolici italiani a un atteggiamento coerente con i loro principi e la loro fede, e solidale verso chi si impegnava in prima linea nell’opposizione al nascente regime. E colse nell’atteggiamento mussoliniano un atteggiamento di «neocesarismo» da avversare con la lealtà ai valori del confronto democratico. Quando Sturzo fu costretto a partire per l’esilio De Rossi lo sostituì alla presidenza della Società editrice libraria italiana (Seli), che aveva la missione di pubblicare opere divulgative sul pensiero sociale cristiano, ma appena un anno dopo la morte lo colse il 22 novembre 1925.

Gli storici devono a don Giulio De Rossi la prima ricostruzione sulla nascita e sui primi anni di vita del Ppi: i volumi Il partito popolare italiano dalle origini al congresso di Napoli, Roma 1920, e I popolari nella XXVI legislatura, Roma 1921 rappresentano ancora oggi una fonte di rilievo per la storia di quell’esperienza. Ma la vocazione pastorale di don Giulio non fu minore di quella giornalistico-politica, e, anzi, ad essa va strettamente collegata. Egli era arrivato al sacerdozio per vie tortuose e non attraverso i canali classici del tempo. Era nato nella Capitale il 30 gennaio 1877 in una famiglia che gli aveva dato una profonda educazione religiosa. Era il più piccolo di 6 fratelli e dopo aver preso la maturità classica si laureò in matematica e fisica all’Università La Sapienza di Roma. Apprezzato dai docenti, fu avviato alla carriera accademica come assistente. Ma il giovane Giulio abbandonò questa prospettiva per il sacerdozio.

Con un percorso particolare approvato da papa Sarto, studiò Teologia e venne ordinato sacerdote alla vigilia del Natale 1905, a 28 anni. Da principio fu incaricato di insegnare le materie in cui si era laureato nel suo antico liceo “Apollinare”. Al tempo stesso prese a seguire l’altro aspetto della sua vocazione: prese a collaborare col quotidiano romano Corriere d’Italia, divenendone anche redattore.  Non sempre le posizioni di carattere sociale che esprimeva nei suoi articoli erano condivise dalla direzione, tanto che i suoi superiori gli vietarono di scrivere per un periodo. Nei due terremoti che colpirono pesantemente l’Italia all’inizio del XX secolo (Calabria e Sicilia nel 1908 e Abruzzo nel 1915) si mosse da Roma per portare aiuto alle popolazioni afflitte dalle conseguenze del sisma. Per dedicarsi alla cura delle anime abbandonò nel 1911 l’insegnamento.

Fu coinvolto nell’azione pastorale della parrocchia di San Saba, un quartiere allora della periferia romana, tra i cui abitanti prevaleva lo spirito anticlericale. Ma la sua sensibilità e il suo impegno a fianco dei bisognosi ne fecero una personalità stimata. Nell’ambiente giovanile romano era noto perché aveva fondato nel 1910, con Mario Cingolani, il Circolo cattolico giovanile Leonardo, che raccoglieva studenti delle scuole scientifiche e tecniche. Quel circolo si fuse poi con il circolo Dante, dando vita al nuovo circolo Dante e Leonardo, che i caratterizzò come uno dei più vivaci centri giovanili cattolici romani.

Don De Rossi da prete ha accettato le sfide che stagioni diverse hanno proposto alla sua vocazione e ha trovato sempre un modo evangelico per rispondervi, consapevole anche dei prezzi che avrebbe dovuto pagare. Ma non per questo ha smesso di affermare quello in cui credeva.

16 gennaio 2019