Don Ciotti: l’eredità di Borsellino, «impegno e responsabilità»
Il fondatore di Libera ricorda l’anniversario della strage di via D’Amelio. «Ci ha insegnato con la sua vita che il bene personale è conseguenza del bene comune»
A 31 anni dalla strage di via D’Amelio, il 19 maggio 1992, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e dell’associazione Libera – Nomi e numeri contro le mafie, ricorda il magistrato e la sua “eredità”. «La prima e più preziosa – rileva all’Agenzia Sir – è il coraggio e il dovere della verità. Coraggio di guardare le cose in faccia, di seguire la voce scomoda della coscienza, di non cadere nelle “perniciose illusioni” di cui parlò all’epoca del Maxiprocesso a Cosa Nostra, facendo presente quanta strada ci fosse ancora da fare».
Nelle parole del sacerdote, «Paolo è stato un apostolo della ricerca della verità, un credente e un lottatore per la giustizia. Dalla sua fede abbiamo da imparare tutti, anche noi sacerdoti nel caso sia troppo debole il nostro impegno nel saldare Cielo e Terra, Vangelo e giustizia sociale. La mafia – aggiunge – è violenza che nasce dall’ingiustizia e nell’ingiustizia prospera. Là dove i cittadini non sono uguali nei diritti e nei doveri, dove le opportunità divergono in modo inaccettabile, dove la scuola e il lavoro non sono garantiti, le mafie hanno gioco facile nell’imporre il loro potere, nel colmare i vuoti dello Stato e della politica, a maggior ragione – evidenzia – se è una politica “smemorata” o revisionista, che vorrebbe rivedere e neutralizzare il “concorso esterno”, strumento decisivo per combattere le mafie che hanno ucciso Paolo».
Le mafie, avverte ancora don Ciotti, «sono forti dove l’interesse privato diventa ingiusto o addirittura criminale. Paolo Borsellino ci ha insegnato con la sua vita che il bene personale è conseguenza del bene comune. Che non si può essere cittadini a intermittenza o a compartimenti stagni. Che la prima mafia si annida nell’indifferenza, nella disinformazione, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza fare nulla, nel vedere il male e girarsi dall’altra parte»”. L’eredità che ci ha lasciato, conclude, «si chiama impegno e responsabilità».
19 luglio 2023