Don Ciotti: «Anche in Italia, la libertà va liberata»

Il fondatore di Libera a Sant’Ambrogio per un incontro di Casa Betania. «La prima riforma per migliorare il Paese è quella delle nostre coscienze»

Il fondatore di Libera a Sant’Ambrogio per un incontro organizzato da Casa Betania. «La prima riforma per migliorare il Paese è quella delle nostre coscienze»

Ha invitato all’impegno, ad «alzare la voce» in risposta al «prudente silenzio» di chi tace di fronte alle ingiustizie. Ha chiesto poi di «unire le forze per diventare una forza». Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, è intervenuto nella parrocchia di Sant’Ambrogio, nell’ambito di un ciclo di incontri organizzati da Casa Betania. Nelle sue parole sempre presente Papa Francesco, i suoi appelli all’Europa per l’accoglienza e alcuni passaggi della Laudato si’. Maglietta nera e zaino appesantito da documenti e appunti, è entrato in chiesa tra gli applausi delle tante persone presenti, venerdì 7 aprile. Prima del suo intervento, il saluto del parroco don Marco Vianello: «Attorno a quello che fai hai radunato tanti uomini e donne di buona volontà. Ti esprimiamo la nostra vicinanza, perché hai anche qualche nemico ma fa parte del gioco – ha detto -. Dopo quest’incontro ci impegniamo a essere più motivati promotori di pace». Poi, la parola al sacerdote, che ha dialogato con i partecipanti rispondendo anche alle loro domande. Ma prima una riflessione sul tema dell’incontro: “Senza giustizia non c’è pace”.

«La giustizia è il riconoscimento della dignità e della libertà di ogni persona – ha spiegato don Ciotti -. È un obiettivo al quale non dobbiamo mai stancarci di tendere. Anche in Italia la libertà va liberata. Non sono liberi i poveri, le donne vittime della tratta, chi è costretto al lavoro nero senza diritti, chi è costretto a fuggire dalle proprie terre e dai propri affetti. La politica dovrebbe essere al servizio del bene comune ma questo è anche compito nostro». Don Ciotti ha indicato una premessa: «La prima riforma da fare in Italia per migliorare il Paese è la riforma delle nostre coscienze. Dobbiamo impegnarci a essere cittadini non a intermittenza ma responsabili, e a portare il nostro contributo per il bene comune». Nelle scorse settimane il nome del fondatore di Libera è stato più volte impiegato in scritte offensive sui muri di Palermo e Locri, dove Libera ha organizzato un incontro con i familiari delle vittime delle mafie, nell’ambito della Giornata della memoria e dell’impegno. Episodi che rendono cupa la voce di don Ciotti: «Bisogna capire. Non c’è don Luigi Ciotti, c’è un noi che è cresciuto e si allarga, che è fatto di tanti giovani, gruppi e associazioni – ha detto -. Questa è la gioia: spendere la propria vita per organizzare il noi».

Una risposta simile a quella che qualche anno fa don Ciotti diede a Totò Riina, quando tra le sue intercettazioni nel carcere di Opera fu registrata una frase in cui il boss sosteneva che il sacerdote doveva essere ucciso: «Ricordo che mi sono fermato e mi sono chiesto il significato del mio impegno – ha raccontato il fondatore di Libera -, però ho sentito che ne valeva la pena. Nella società che facciamo con Dio è lui che ha il pacchetto di maggioranza. Ho capito che non dovevo temere. Ho risposto a Riina che si può uccidere una persona ma non un movimento di giovani che oggi si allarga sempre di più». In vari momenti del suo intervento don Ciotti ha citato il Papa e ha raccontato un episodio legato al suo primo incontro con Francesco: «Come dono gli ho portato un pacco di caffè, qualche giorno dopo ho rivisto il mio amico della torrefazione di Torino che mi ha detto di avere ricevuto una lettera dal Papa. Ve lo racconto perché i segni sono importanti». E infine, un invito citando la Laudato si’: «Non dobbiamo avere una fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, sarebbe un grande errore».

10 aprile 2017