Don Bonifacio, il parroco portiere in campo con i ragazzi

Il parroco dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana racconta la sua storia di sacerdote e sportivo: «Volevo sempre vincere, lo Spirito Santo ora mi dà la calma anche di perdere»

Don Bonifacio Sarte Lopez VI, filippino, 48 anni, ex “peste”, come si definisce lui stesso – «Dalla prima elementare la mia sedia era sempre accanto alla maestra» – è parroco ai Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana, a ridosso di Prima Porta, estrema periferia della Capitale.

Praticava basket nel suo Paese e ora ricopre il ruolo di portiere nella squadra Anselmiano Vaticano della Clericus Cup, il campionato mondiale di calcio per preti e seminaristi giunto alla dodicesima edizione, promosso dal Centro Sportivo Italiano con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, del Dicastero vaticano per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura. Per la prima volta, quest’anno, sono andati in udienza dal Papa che ha benedetto il trofeo: la coppa col saturno.

Una curiosità: perché si chiama Bonifacio VI?

Sono l’ultimo di 10 figli. I maschi si chiamano Bonifacio come mio padre, le femmine Teresa come mia madre. Tutti abbiamo dei soprannomi.

Com’è maturata la sua vocazione?
A 11 anni ero nel Seminario minore della diocesi di Legazpi. Su 72, solo 2 siamo diventati sacerdoti. Avevo anche 8 fidanzate per volta a 12 anni, e andavo in discoteca. Ogni anno mandavano i 4 seminaristi più bravi in Italia. A 15 anni, per punizione, il vescovo mandò anche me.

E ora?

Sono prete da 24 anni, l’uomo più felice del mondo. Ogni volta che celebro lo faccio come se fosse la prima e l’ultima. Cerco di trasmettere questa forza, questo entusiasmo ai parrocchiani.

Chi l’ha aiutata?

Il mio padre spirituale, un gesuita. Quando avevo 26 anni mi disse “Vuoi essere felice? Fai la tua parte e sana indifferenza. Adesso il mondo è confuso: i genitori fanno i figli e viceversa. Tu sei vice parroco per cui fai la tua parte”. Tanti sono contro il Papa perché non sanno fare la propria parte. Se sei portiere non puoi fare l’attaccante, sennò la squadra perde. Questa è la sana indifferenza. Il prete deve ubbidire. Adesso sono più calmo. Quando i superiori ti danno fiducia non bisogna perderla, altrimenti non si acquista più.

Lei è stato portiere nell’Anselmiano Vaticano.

Il ruolo più difficile perché non puoi sbagliare.

Lo sport l’aiuta nella sua missione?

Mi dà tanta energia. Ero peste, litigavo con i seminaristi in attacco perché volevo sempre vincere. Per evitarlo il padre spirituale mi mise in porta. Tutti dicevano che se avessi avuto qualche centimetro in più potevo giocare in Serie A o B perché volevo sempre la vittoria. Lo Spirito Santo ora mi dà la calma anche di perdere.

Come lo sport può aiutare l’evangelizzazione?

Noi dobbiamo seminare, è Cristo che deve raccogliere. Mi sono chiesto “Ma devo stare con i bestemmiatori dopo gli studi che ho fatto?” Mi sono risposto: fiorisci dove Dio ti ha piantato. Se mi ha piantato in oratorio è perché devo stare lì. Gioco a calcio con i ragazzi in periferia perché hanno bisogno della presenza, quando cresceranno, capiranno. È un modo per testimoniare Cristo.

In quale altra squadra milita?

Nella Nazionale sacerdoti. Splendida la partita contro la Nazionale palestinese, quella vera, nel 2010. I primi cristiani a giocare nello stadio Al-Khader, vicino Betlemme. Sono stato portiere nel primo tempo e non abbiamo subito gol. Poi, cambiando, abbiamo perso 8 a 1.

Cosa può fare la Chiesa in un campo?

Può avvicinarsi ai ragazzi e capirne meglio le problematiche. È difficile convertirli ma almeno vedono un prete con loro, molti mi chiedono il battesimo per i figli, i sacramenti. È un dono in più del Signore per conoscere i giovani che non frequentano la Messa.

La “Chiesa in uscita” di cui parla il Papa…

Sì, da settembre celebrerò la Messa una volta al mese spostandomi per la Valle Muricana con un furgoncino per la vendita dei panini. La mia parrocchia è grande, 16.000 abitanti, e non tutti vengono a Messa. Capisco che la gente non frequenta per tanti motivi ma devo attirarli al Signore, farli consapevoli che si va in chiesa per ringraziare Dio, non per il prete.

 

10 settembre 2018