Don Andrea Santoro, «un frutto vivente»

Il ricordo dell’eredità del sacerdote ucciso 10 anni fa in Turchia. La celebrazione del cardinale vicario, l’incontro con De Donatis e la veglia

La sorella Maddalena ricorda la grande eredità del sacerdote ucciso dieci anni fa in Turchia. Celebrazione del cardinale vicario, incontro con De Donatis e una veglia

«Eravamo in macchina, in Turchia, e c’era un bel tramonto. Lui ha accostato e ha celebrato la Messa su una roccia affacciata sul mare». Così Matteo Lariccia, 43 anni, ricorda don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum romano e primo prete cattolico ucciso in Turchia dieci anni fa. «L’ho conosciuto ai tempi in cui guidava la parrocchia Gesù di Nazareth a Verderocca, era anche il mio insegnante di religione. “Ricordati che il cristianesimo è una scienza esatta”, disse una volta, segnando, nonostante da molti anni fossi “lontano” dalla Chiesa, la mia conversione. Don Andrea è un frutto vivente, non è mai morto davvero, nonostante siano passati dieci anni».

Era il 5 febbraio 2006 quando un sedicenne, con due colpi di pistola esplosi al grido “Allah è grande”, condannò a morte il sacerdote dentro la sua chiesa di Trebisonda, in Turchia, dove don Santoro viveva dal 2000. Per raggiungere il Paese nel quale maggiormente, all’epoca, i cristiani venivano perseguitati, don Andrea aveva lasciato Roma, dove aveva fondato l’associazione “Finestra per il Medio Oriente”, tutt’ora attiva insieme all’associazione “Don Andrea Santoro”, nata per raccogliere i suoi scritti e diffondere la sua spiritualità. Per celebrare i dieci anni dalla sua morte, il Seminario Maggiore ha ospitato oggi, lunedì 1° febbraio, un incontro sulla sua spiritualità sacerdotale aperto a tutti ma rivolto in modo particolare a sacerdoti e seminaristi e tenuto dal vescovo ausiliare Angelo De Donatis. Domani, 2 febbraio, alle 20.45 una veglia di preghiera animerà la parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, dove il sacerdote fu parroco dal ’94 alla partenza per la Turchia; venerdì 5 alle 19 il cardinale Agostino Vallini presiederà a San Giovanni una solenne concelebrazione eucaristica.

Per l’occasione del decennale, la San Paolo Edizioni ha pubblicato “Un fiore dal deserto”  (preghiere dal Diario), con la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi, e ripropone il volume “Don Andrea Santoro, un prete tra Roma e l’Oriente” dello storico Augusto D’Angelo, arricchito dalla nuova introduzione di Andrea Riccardi e da un capitolo conclusivo di approfondimento sulla situazione dei cristiani in Turchia nell’ultimo decennio. «In questi dieci anni – racconta la sorella, Maddalena Santoro – abbiamo scoperto sempre di più quella profezia che Andrea portava avanti nella sua vita, l’atteggiamento di parroco-pastore che va in cerca delle persone per la strada, ovunque si trovino. Questo atteggiamento, la vicinanza, è stato costante nella sua vita, da quando era viceparroco alla Trasfigurazione fino alla Turchia. Un altro aspetto caratterizzante – prosegue – era la sua idea di comunione, tra i sacerdoti e tra il clero e la gente. Infine, il dialogo, non fatto di parole, ma di atteggiamenti: nelle sue lettere lo diceva e lo direbbe con più forza oggi. I problemi di convivenza sono problemi di accoglienza dell’altro. Il discorso non è di religione ma di fede: se quest’ultima è matura, l’accoglienza c’è».

Lo ricorda «perennemente concentrato sulle cose spirituali, sempre con la Bibbia in mano» Marcello Ciampi, parrocchiano quando don Santoro era a Gesù di Nazareth: «Ero andato a trovarlo in Turchia, e abbiamo pranzato insieme venti giorni prima che morisse. Di lui, che ha celebrato il mio matrimonio, ripeto sempre che aveva tre gambe: Dio, la Sacra Scrittura e il Medio Oriente. Credo che ci abbia lasciato una grande eredità: l’essenzialità della fede, un pacchetto di poche cose da seguire con forza. In Turchia era muto come un agnello ma, contemporaneamente, un vessillo alzato. Andava nella “seconda Terra Santa” – così chiamava quel Paese -, per avere un rapporto privilegiato con Cristo e tenere accesa la fiammella della fede laddove c’era solo brace».

1° febbraio 2016