Don Andrea Santoro, la carità «come stile di vita»

A Santi Fabiano e Venanzio la veglia nel XIV anniversario dell’uccisione del sacerdote fidei donum in Turchia, presieduta dal parroco don Fabio Fasciani

La dimensione della fratellanza quale vincolo naturale e spirituale tra gli uomini ha fatto da filo rosso tra le riflessioni e le meditazioni proposte ieri sera, 4 febbraio, nel corso della veglia di preghiera organizzata in ricordo di don Andrea Santoro, nel XIV anniversario della sua morte. Curato dall’associazione “Finestra per il Medio Oriente“, fondata dallo stesso don Santoro, il momento di preghiera ha avuto luogo nella parrocchia intitolata ai Santi Fabiano e Venanzio dove il sacerdote fidei donum ucciso in Turchia fu parroco dal 1994 al 2000. A presiederla, don Fabio Fasciani, che oggi guida la comunità parrocchiale del quartiere Tuscolano.

Veglia nel XIV anniversario don Santoro, don Fabio Fasciani, 4 febbraio 2020«È una grande intuizione quella che ha avuto don Andrea – ha detto il sacerdote nella sua omelia a commento della parabola del buon samaritano – e che in tanti di noi non hanno il coraggio di chiedere: la carità come stile di vita»; quella autentica e «non ideologica è fondata su ciò che ci distingue, non solo, in modo più facile e semplice, su quello che ci accomuna all’altro», ha spiegato. Ancora, don Fasciani, rientrato da pochi giorni da un pellegrinaggio in Turchia proprio nei luoghi di don Santoro, ha sottolineato come il missionario ucciso nel 2006 a Trabzon mentre pregava con la Bibbia in lingua turca tra le mani, trapassata da uno dei proiettili che lo hanno poi colpito ai polmoni, «non era andato lì per convertire ma semplicemente perché mosso da quella incapacità di tacere l’annuncio di salvezza che Cristo stesso ci “impone”». Oggi «l’ideologia che attanaglia il cuore rischia di farci chiudere dietro barriere e frontiere “di protezione” – ha concluso don Fasciani – ma la fede autentica nel Vangelo può farci superare ogni forma di individualismo».

Veglia nel XIV anniversario don Santoro, don Fabio Fasciani, 4 febbraio 2020Dalle parole dello stesso Santoro, attraverso la proclamazione di alcuni pensieri tratti dalle sue “Lettere dalla Turchia”, è arrivato anche il monito a non lasciarsi fermare dalla paura nell’incontro con l’altro, spaventati «come Pietro che tagliò l’orecchio alla guardia venuta a catturare Gesù. Solo una cosa bisogna temere – scriveva il sacerdote fidei donum dalla Turchia nei suoi anni di missione -: di non essere cristiani, di essere, come diceva Gesù, “un sale senza sapore”, una luce spenta o un lievito senza vita». Da qui il valore del simbolo pensato per la celebrazione: tutti i presenti sono stati invitati ad accendere una candela alla lampada della pace, proveniente dalla Terra Santa e collocata ai piedi dell’icona della Santissima Trinità con Abramo e Sara alla quercia di Mamre. Il richiamo al brano biblico contenuto nel libro della Genesi rimanda a un luogo non solo geografico ma anche teologico; infatti a Mamre, a 3 chilometri a nord di Hebron, appena fuori dalla strada per Gerusalemme, Dio si manifesta ad Abramo, riconosciuto dalle tre grandi religioni monoteiste come padre e modello dei credenti, preannunciandogli la sua alleanza.

In conclusione è stata proclamata una preghiera scritta da don Andrea Santoro con l’invocazione al Padre affinché «ci doni la capacità di sentire nostra ogni creatura, cominciando dalla più vicina, fino alla più lontana». Presente alla veglia la sorella di don Santoro, Maddalena, docente di teologia all’Università Lumsa e presidente dell’Associazione che porta il nome del sacerdote. Rientrata anche lei nei giorni scorsi dal pellegrinaggio nei luoghi di missione del fidei donum, ha osservato come «la sua presenza lì sia ancora tangibile nell’opera che aveva iniziato e che continua a vivere nel suo ricordo» perché «resta e perdura il suo amore per quella terra e quelle persone e continua a portare frutto».

5 febbraio 2020