Don Andrea Santoro, «fortemente unito a Cristo»

Il cardinale Feroci ricorda il parroco romano fidei donum in Turchia, ucciso a Trabzon nel 2006, alla vigilia della traslazione del corpo nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio. Don Giuseppe Russo, parroco a Verderocca: «Per me era la persona con la Bibbia sotto al braccio»

Don Andrea Santoro, il sacerdote romano fidei donum ucciso nel 2006 a Trabzon, «si sentiva talmente unito a Cristo che il Signore e le persone che stavano intorno a lui erano tutt’uno. Sentiva un’appartenenza profondissima con Gesù e con i fratelli ai quali voleva portare il dono di Dio per far scoprire la bellezza di sentirsi amati dal Signore. L’essere Chiesa e l’essere discepoli di Cristo erano un’unica cosa. Lui non intendeva fare proseliti ma desiderava che le persone si sentissero amate dal Padre celeste». Alla vigilia della traslazione del corpo di don Andrea dal cimitero del Verano alla chiesa parrocchiale dei Santi Fabiano e Venanzio, il cardinale Enrico Feroci spiega cosa significasse per don Santoro “essere Chiesa”.

L’amicizia fra i due era nata alla fine degli anni ’50 tra i banchi del Pontificio Seminario Romano Minore. Sarà proprio il porporato che venerdì 2 dicembre, alle 16, accoglierà il corpo di don Andrea. Primo atto delle celebrazioni che proseguiranno alle 18 con la Messa presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis, alle 21 con la veglia guidata da don Vianello e il giorno dopo con le lodi guidate dal parroco don Fasciani (8.30) e la Messa presieduta da monsignor Palinuro (ore 10.30). La traslazione nella chiesa della parrocchia che Santoro ha guidato per sei anni, per Feroci è un avvenimento «importante perché abbiamo bisogno di vedere dove Dio si è manifestato e nella vita di don Andrea si è manifestato in maniera molto chiara. Lo ha preso per mano e lo ha utilizzato per il bene di tante comunità. In questi tempi in cui emergono tanti messaggi negativi è necessario vedere che ci sono persone che spendono la vita per il Signore e per gli altri».

Nel dicembre 2005, due mesi prima dell’omicidio, Feroci era stato in Turchia con alcuni giovani. Ricorda bene una cena con don Andrea. «Poco prima nella piazza di Trabzon era stato aggredito verbalmente da alcune persone. Turbato dall’accaduto, si chiedeva: “Cosa vorrà mai da me il Signore?”. Ricordo quelle parole dette con un velo di mestizia. Non comprendeva cosa stesse accadendo intorno a lui». Il cardinale era «affascinato» dalla missionarietà di don Andrea, «completamente diversa» dalla sua. Quando era parroco a San Frumenzio, infatti, Feroci ha fondato una missione in Mozambico che prosegue da 31 anni. «Io avevo messo in piedi opere per il sociale, lui metteva in risalto l’aspetto più spirituale e questo mi interrogava, mi spingeva a rivedere il mio modo di essere presente nelle comunità».

A Roma, don Andrea aveva fondato e guidato la parrocchia Gesù di Nazareth a Verderocca. L’attuale parroco, don Giuseppe Russo, lo ha incontrato poche volte quando era seminarista. «Quando rientrava dalla Turchia veniva sempre in Seminario – dice -. Lo incrociavo nei corridoi ma non sapevo chi fosse, per me era “la persona con la Bibbia sotto al braccio”. Una volta abbiamo pranzato insieme e abbiamo parlato della sua missione a Trabzon». Tra gli abitanti di Verderocca, continua don Giuseppe, quella di don Andrea era «una presenza stabile. Aveva una grande dimensione di relazione con le persone, tanta attenzione verso l’altro. Guidare una comunità che ha avuto la sua presenza mi richiama a dover far tesoro della memoria. Oggi siamo frutto di ciò che è stato seminato in passato da don Andrea e da don Manfredi De Odorico, che ha guidato la comunità per 21 anni. Non si può resettare il passato perché questa comunità è frutto della storia e dobbiamo vivere il presente proiettandoci nel futuro».

30 novembre 2022