Dj Fabo, il governo si costituisce davanti alla Consulta

L’esecutivo ha dato mandato all’Avvocatura dello Stato di difendere la norma che prevede il reato di aiuto al suicidio: la Corte deve valutarne la costituzionalità. «Apprezzamento» da parte del Movimento per la vita

Il governo aveva tempo fino al 3 aprile per decidere e alla fine ha deciso: l’esecutivo Gentiloni ha disposto la costituzione dell’Avvocatura dello Stato nel procedimento sollevato dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo a carico di Marco Cappato per il reato di “aiuto al suicidio”, in riferimento alla vicenda di Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo. L’Avvocatura dunque difenderà, davanti alla Consulta, la costituzionalità del reato previsto dall’articolo 580 del codice penale. Una decisione quasi scontata nella prassi, dato che normalmente il governo si costituisce in giudizio a difesa della legge esistente ma che inevitabilmente porta con sé una scia di polemiche, visto che Cappato si era autodenunciato proprio con l’obiettivo di arrivare a processo e di giungere alla sua assoluzione o all’investitura della Corte Costituzionale.

L’articolo 580 del Codice penale punisce «chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione». Le fattispecie previste sono due: la cosiddetta «istigazione al suicidio», ovvero la condotta attraverso la quale una persona induce un’altra a togliersi la vita; e «l’aiuto al suicidio», che prevede la semplice collaborazione materiale. La pena prevista va da 5 a 12 anni in caso di morte e da 1 a 5 se, pur sopravvivendo, l’aspirante suicida si ritrova con lesioni gravi o gravissime.

«Il Movimento per la vita italiano esprime il suo apprezzamento per la decisione del governo di costituirsi davanti alla Consulta nel giudizio di legittimità costituzionale relativo al procedimento penale a carico di Marco Cappato in relazione alla vicenda di Fabiano Antoniani», si legge in una nota diffusa nel pomeriggio di ieri, 3 aprile. L’apprezzamento, dichiarano dal Movimento, «va anche al Centro Studi Livatino che in nome dell’uguale dignità di ogni essere umano si è costituito per tutelare il diritto alla vita dei malati e dei disabili». In questa prospettiva «il Movimento per la vita, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Casini del Foro di Firenze e dall’avvocato Ciro Intino del Foro di Roma, ha depositato un atto di intervento nello stesso giudizio».

I giudici di Milano, spiegano dal Movimento per la vita, avevano messo in dubbio «la conformità alla Costituzione dell’articolo del codice penale (580 Cod. pen.) nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio. La questione riguarda la rivendicazione a titolo di “diritto” del gesto suicidario volontario, diretto e attuale e del concorso di terzi per l’attuazione di tale evento». In particolare, dal punto di cista strettamente giurisprudenziale i dubbi di legittimità costituzionale riguardavano due aspetti: le condotte di aiuto al suicidio, quando esse non rafforzino il proposito del soggetto, già intenzionato a porre fine alle propria vita, e la quantificazione della pena nella parte in cui non vi è distinzione fra le condotte di istigazione al suicidio e l’agevolazione al suicidio, che non incida però sul percorso decisionale dell’aspirante suicida.

Immutata la posizione del collegio di difesa di Cappato, coordinato da Filomena Gallo: «Contro la lettera del Codice penale del 1930 vogliamo far prevalere i principi di libertà e autodeterminazione riconosciuti dalla Costituzione italiana e dalla Convezione europea dei diritti umani, nella convinzione che Fabiano Antoniani avesse diritto a ottenere in Italia il tipo di assistenza che, a proprio rischio e pericolo, ha dovuto andare a cercare all’estero con l’aiuto di Marco Cappato».

4 aprile 2018