Divino Amore, la dedicazione del nuovo santuario

Luglio 1999, la Messa presieduta da Giovanni Paolo II. Sciolto parzialmente il voto del 1944

Le tre promesse dei romani alla Madonna del Divino Amore nel 1944 sono un patto con il Cielo non ancora rispettato per intero. Giovanni Paolo II lo ha ricordato alla folla che domenica scorsa ha partecipato alla dedicazione del nuovo Santuario mariano, a Castel di Leva. Manca la «correzione della condotta morale». Ma l’anno prossimo è Giubileo. Il Papa confida in questo appuntamento per realizzare la promessa e a Maria affida «la comunità diocesana, il proseguimento della Missione cittadina» nonché «questa amata città di Roma con i suoi problemi e le sue risorse, le sue ansie e le sue speranze».

«Con la dedicazione di questo nuovo santuario – spiega – viene oggi sciolto parzialmente un voto che i romani, guidati da papa Pio XII, fecero alla Madonna del Divino Amore nel 1944, quando, quando le truppe alleate stavano per lanciare l’attacco decisivo su Roma occupata dai tedeschi». Giovanni Paolo II è seduto dietro l’altare, sotto la colonna di luce bianca filtrata dal lucernario sul tetto dell’edificio. Accanto ha i concelebranti del rito, il Cardinale Camillo Ruini, suo Vicario Generale per la Diocesi di Roma, l’Arcivescovo Cesare Nosiglia, Vicegerente, venti Vescovi fra cui gli Ausiliari di Roma, con il rettore del Santuario nominato proprio domenica Monsignore Pasquale Silla, e i sacerdoti Oblati della Madonna del Divino Amore.

«Davanti all’immagine della Madonna del Divino Amore – continua –, portata nella chiesa di Sant’Ignazio, il 4 giugno di quell’anno, i romani invocarono la salvezza di Roma, promettendo a Maria di correggere la propria condotta morale, di costruire il nuovo santuario del Divino Amore e di realizzare un’opera di carità a Castel di Leva». I tedeschi lasciarono Roma senza resistere. «Oggi il santuario è una realtà e sta per essere completata anche l’opera di carità: una casa per anziani non lontana». Ma resta la terza promessa, «che non termina – ammonisce – e che è assai più difficile da realizzare: la correzione della condotta morale, il costante impegno cioè di rinnovare la vita e renderla sempre più conforme a quella di Cristo».

Il «nuovo edificio» diventa così un richiamo all’impegno. E già «è espressione e frutto della fede e della devozione a Maria di tanti romani e laziali. Qui affluiscono – dice il Cardinale Ruini – da molti anni sempre più numerosi uomini e donne, famiglie anziani e bambini, che amano e venerano la Madre del Signore, confidando nella sua materna intercessione». Ma il pensiero corre al Giubileo. Nel nuovo tempio i fedeli raccolti «in preghiera saranno aiutati – invita il Papa – ad aprirsi all’azione rinnovatrice dello Spirito». Nelle mani della Madonna «poniamo i frutti dell’Anno Santo – aggiunge – e in modo speciale le attese e le speranze dei giovani che durante il Giubileo verranno a Roma per la XV Giornata Mondiale della Gioventù». Inoltre al Santuario «avrà luogo dal 15 al 24 settembre del 2000 il XX Congresso Mariologico-Mariano internazionale sul tema “Il mistero della Trinità e Maria”».

Il Pontefice ha guidato il rito della dedicazione, benedicendo l’acqua per aspergere le pareti del tempio, l’altare e i fedeli, ungendo l’altare consacrandolo e versando il carisma per l’unzione dei quattro angoli del tempio. Quindi ha messo l’incenso ad ardere nel braciere deposto sull’altare. Domenica Giovanni Paolo II era al Divino Amore per la terza volta. La prima è stata nel 1979. «Mi fu donato un ramoscello d’ulivo in oro – ricorda all’Angelus, celebrato nel santuario –, perché lo portassi alla Madonna di Czestochowa». Quel ramoscello d’oro evoca nel Pontefice un «vincolo spirituale» fra il santuario romano «e quello di Jasna Góra, simbolo della mia Patria terrena». Luoghi mariani «che mi hanno visto pellegrino in questi 21 anni di pontificato. Quale gioia sarà per me se potrò recarmi, l’anno venturo, a Nazareth». (di Luigi Laloni)

11 luglio 1999