Disuguaglianze, cambiare le regole

Se ciascuno si sedesse sulla propria ricchezza sotto forma di una pila di banconote da 100 dollari, la maggior parte della popolazione mondiale siederebbe al suolo

Anche quest’anno arriva puntale il rapporto dell’Oxfam sulle disuguaglianze. E anche questa volta dobbiamo fare i conti con numeri che dovrebbero non farci dormire di notte. Il rapporto si concentra sulla ricchezza, misura dello stock posseduto e accumulato nel tempo da ogni persona, e ribadiscono che la forbice del divario tra i più ricchi e i più poveri è in costante aumento. La quota di ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale non raggiunge neanche l’1% di quella globale; i 2.153 miliardari del mondo possiedono la stessa ricchezza di 4,6 miliardi di persone. Se ciascuno si sedesse sulla propria ricchezza sotto forma di una pila di banconote da 100 dollari, la maggior parte della popolazione mondiale siederebbe al suolo, una persona della classe media di un Paese ricco su una sedia, e i due uomini più ricchi al mondo sarebbero nello spazio; la ricchezza posseduta delle 22 persone più facoltose è superiore a quella di tutte le donne africane. Le distanze tra i livelli medi di ricchezza dei Paesi si assottigliano, ma la disuguaglianza cresce all’interno di molti Paesi. C’è qualcosa che non funziona nel sistema e non si può rimanere indifferenti. L’Economist, rivista inglese, ha di recente pubblicato alcuni articoli critici in cui si lascia intendere che il fenomeno è meno preoccupante di quello che sembri, chiedendo ai governi di stare attenti ad azzardate misure politiche che andrebbero a tassare i patrimoni nel tentativo di ridurre le disuguaglianze.

Molti studiosi hanno risposto a queste proposte dell’Economist facendo notare che le misure oggi a disposizione non sono adeguate. Non c’è accordo su come i dati vengono misurati, e in effetti avremmo bisogno di misure più accurate, perché quello che non si riesce a vedere è difficilmente gestibile. La conclusione a cui giunge la famosa testata mi lascia, però, leggermente perplessa: una tassa sulla ricchezza lascerebbe in un decennio l’economia degli Stati Uniti il 2% più povera. La domanda: preferisco un mondo più ricco dove l’accesso a questa ricchezza è riservato a pochi, o un mondo dove, anche se inferiore, la ricchezza può essere più distribuita tra tutti? Un mondo dove chi possiede capitali continua ad accumularli guadagnando denaro dal denaro e chi non ha buone condizioni di partenza è destinato a rimanere ai margini, oppure un mondo dove le disparità iniziali possono essere colmate da un sistema che assicura opportunità per tutti?

L’Italia non è esente da queste dinamiche. I dati Inps ci mostrano che negli ultimi 40 anni il tasso di crescita dei redditi da lavoro è aumentato del 99% per i top 10% (quelli che guadagnano di più), mentre per il restante 90% l’aumento è stato del 65%. Per i top 0,01% i redditi sono cresciuti del 298%. Dato che si commenta da solo, insieme al fatto che per il 28% dei rapporti di lavoro la paga oraria media è inferiore ai 9 euro. Più di 2000 anni fa, la prima comunità cristiana avena compreso che perché non ci fossero bisognosi tra loro era importante condividere e redistribuire i beni. Oggi però non basta la condivisione, perché il funzionamento del sistema economico e finanziario genera iniquità. Abbiamo bisogno di cambiare le regole.

10 febbraio 2020