Diritto d’asilo, Zuppi: «Non abituarsi mai ai numeri»

Il cardinale presidente della Cei è intervenuto alla presentazione del Report 2022 di Fondazione Migrantes, ricordando che «non c’è futuro senza, il futuro è solo assieme»

«Non abituarsi mai» ai numeri, perché dietro ai numeri ci sono le persone, con le loro sofferenze. È l’invito del cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, intervenuto questa mattina, 13 dicembre, alla Pontificia Università Gregoriana, alla presentazione del Report 2022 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes. «Quest’anno – ha ricordato – sono morte 1.800 persone nel Mediterraneo; 1.295 solo sulla rotta verso Italia e Malta. Purtroppo c’è una contabilità che nella sua tragica evoluzione può non ferire più, come nelle guerre che durano da venti e trent’anni e se ne perde la contabilità», ha commentato. Quindi il riferimento ai respingimenti verso la Libia: «Dobbiamo ricordarci sempre che noi li mandiamo in luoghi disumani. Qui vale l’invito evangelico di non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. Nessuno manderebbe se stesso o i propri familiari in quei luoghi infernali dove non esiste nessun diritto».

Proprio in tema di diritti, Zuppi ha sottolineato che «per avere anche noi diritto di piena cittadinanza bisogna garantirlo a tutti. Quando i diritti sono enunciati e non garantiti è ancora più amaro – ha continuato -, ferisce ancora di più, soprattutto pensando all’Europa dei diritti, che devono essere sempre uguali per tutti». Il riferimento del porporato è alle diversità nell’accoglienza dei profughi ucraini (ai quali è concessa la protezione temporanea) rispetto a quella di chi viene da altre rotte e Paesi, come denunciato nel Report. «Forse c’è stata qualche applicazione non omogenea, se alcuni più contigui si accolgono in un modo e se vengono da un’altra parte no”», le sue parole. Quindi, l’invito a «dare stabilità a qualcosa che non è emergenza, non può essere solo un tema di sicurezza e va affrontato a livello europeo», specie in un momento in cui «c’è un piano che guarda al futuro e si parla anche di flussi». Anche perché «in realtà tanti Paesi in Europa accolgono molto più dell’Italia. Non ci accorgiamo che non siamo gli unici e che molti fanno di più e non si lamentano come noi».

«La Chiesa fa politica? Sì. Difende le persone – ha detto ancora il presidente dei vescovi italiani rispondendo alle sollecitazioni della sala -. La Chiesa ricorda le persone e si chiede come mai dopo tanti anni non siamo ancora usciti da una logica di sicurezza. Se vogliamo pensare al futuro abbiamo bisogno della presenza di stranieri in Europa. La Chiesa non fa le leggi – ha aggiunto -. Suggerisce, cerca, insiste e ricorda in tanti modi, liberamente, con grande libertà dalle tante soluzioni cromatiche della politica, il grande colore della vita e del rispetto della persona». E ancora: «Per combattere le vie illegali bisogna garantire le vie legali. Non c’è futuro senza, il futuro è solo assieme».

13 dicembre 2022