Dire “sì” alla vita: una scelta di libertà che cambia la storia

Chi ama la vita ama il mondo, con tutte le sue imperfezioni. E con tutte le esperienze umane che lo compongono. La “sfida” della pazienza e della perseveranza

Il 19 dicembre 1978 Luigi Maverna, allora segretario della Cei, scrisse a tutti i vescovi italiani, comunicando l’istituzione di una Giornata per la vita con lo scopo di «educare all’accoglienza della vita e di combattere l’aborto e ogni forma di violenza esistente nella società contemporanea». Il 22 maggio dello stesso anno era stata infatti approvata dal Parlamento italiano la legge sull’interruzione della gravidanza. A oltre quarant’anni di distanza, l’odierno messaggio della Cei, intitolato “Libertà e vita”, centra il cuore del dibattito attuale: cosa significhi davvero essere liberi. Nella visione della cultura secolarizzata del ventunesimo secolo, il concetto di libertà si riduce spesso nella volontà illusoria di poter fare tutto ciò che si ritiene soggettivamente giusto: “autodeterminazione”, che può giungere, proprio in tema di vita umana, sino alle soglie drammatiche della scelta esiziale di porre fine alla propria esistenza quando malata e “insopportabile” o, anche, in ragione di un’asserita lesione alla salute psico-fisica, di sopprimere arbitrariamente una vita umana senza voce. 

Il confronto tra la libertà individuale e la tutela della vita, anche nel suo svolgersi quotidiano, oggi segnala conflitti sofisticati: dalle dipendenze legate alle piattaforme social della rete internet alle vulnerabilità economiche di una società che “pesa” gli individui per il loro reddito; dallo sfruttamento del lavoro nell’era del progresso tecnologico alle scelte sanitarie e alla “cultura dello scarto”, espressione cruda e autentica, coniata da Papa Francesco. Eppure, anche nel contesto attuale, se si va in profondità, l’idea di una libertà “senza limiti” urta con il senso comune. Proprio la pandemia, nella sua tragica rappresentazione mortifera, ha dimostrato come il valore della vita richieda la riduzione di spazi di libertà per tutelare effettivamente i più fragili nell’orizzonte di una solidarietà intergenerazionale che si radica nella comune precarietà di esseri umani mortali.

Il messaggio della Cei chiarisce bene il senso del binomio libertà e vita, spiegando che «la libertà non è il fine ma lo “strumento” per raggiungere il bene proprio e degli altri, un bene
strettamente interconnesso». Sono parole impegnative che evocano la responsabilità di ciascun essere umano verso se stesso e nei confronti dei suoi simili. Non è un messaggio affatto banale e, per essere inteso nella sua interezza, richiede una quotidiana conversione che renda autentica la testimonianza cristiana. È importante ricordarlo per fugare un equivoco di fondo che talvolta innalza barriere insormontabili verso i cosiddetti “pro life”: chi ama la vita ama il mondo con tutte le sue imperfezioni; un mondo che si compone di tante esperienze umane. La difesa della vita richiede pazienza e perseveranza, tenendo alta la guardia in ogni sua stagione esistenziale, dal concepimento alla morte naturale, dove tra i due estremi c’è la storia quotidiana di ogni persona che reclama di essere difesa e tutelata nella sua intrinseca dignità, a prescindere da condizioni contingenti e precarietà esistenziali.

Il feto nel grembo di una donna, il malato terminale, il lungodegente, il lavoratore sfruttato, sono persone con una loro identità, apparentemente irrilevante, ma degne come tutti gli altri esseri umani che popolano la terra. È quanto Giorgio La Pira ha scritto nell’articolo 2 della nostra Carta costituzionale: i diritti inviolabili nascono insieme alla persona. Il primo di tali diritti è, dunque, il diritto alla vita. Santa Teresa di Calcutta ricordava al mondo intero come l’aborto fosse la più grande minaccia per la pace, perché non rispettare la vita umana proprio quando è fragile significa aprire le porte a una cultura pronta a retrocederla anche in altre circostanze. La relazione più profonda tra libertà e vita sta, dunque, nella responsabilità che ciascun abitante della terra ha verso di sé e verso i propri simili, sempre e ovunque. Rompere questo legame – ricorda con efficacia il Messaggio della Cei – apre un conflitto tra libertà e vita, impedendo che ciascuna di esse si esprima pienamente; mentre dire sì alla vita significa compiere «una libertà che può cambiare la storia».

8 febbraio 2021