Diocesi di Roma: le chiese parrocchiali possono aprire

Il cardinale De Donatis integra e, «nella misura del necessario», modifica il decreto datato 12 marzo: aperte solo le chiese parrocchiali. Resta la dispensa dall'obbligo di soddisfare al precetto festivo

Nella giornata di oggi, 13 marzo, il cardinale vicario Angelo De Donatis torna a pronunciarsi sulle norme contenute nel decreto già emanato ieri, che stabiliva la chiusura di tutte le chiese, parrocchiali e non, nel territorio della diocesi di Roma. L’intento: «Precisare e, nella misura del necessario, modificare quanto esposto nel numero 1 della parte dispositiva».

La Chiesa di Roma, osserva il vicario, «in piena comunione con il suo vescovo, Supremo Pastore della Chiesa Universale, è consapevole del significato simbolico della decisione presa col predetto decreto. L’infezione da Coronavirus – scrive – si sta diffondendo in maniera esponenziale: in pochissimi giorni il numero dei contagiati è raddoppiato, e di questo passo non è difficile prevedere che in pochissimo tempo raggiunga l’ordine delle decine di migliaia di persone solo in Italia. È evidente il rischio di collasso delle strutture sanitarie, già ventilato da molti, soprattutto per la sproporzione tra le risorse di terapia intensiva disponibili e il crescente numero di malati. Potrebbe essere coinvolto un numero ancor più elevato di persone, soprattutto anziani e soggetti vulnerabili. Possiamo arginare questa tragica eventualità solo applicando misure per frenare il contagio e permettendo al Servizio sanitario nazionale di riorganizzarsi. Gli italiani crescono nella consapevolezza che dietro l’invito di non uscire di casa c’è un’esigenza improcrastinabile di tutelare il bene comune».

C’è però un cambiamento, motivato dalla consapevolezza che «ogni provvedimento cautelare ecclesiale deve tener conto non soltanto del bene comune della società civile ma anche di quel bene unico e prezioso che è la fede, soprattutto quella dei più piccoli». Di qui la scelta di porre «in capo ai sacerdoti e a tutti i fedeli la responsabilità ultima dell’ingresso nei luoghi di culto, in modo tale da non esporre ad alcun pericolo di contagio la popolazione e nel contempo evitare il segno dell’interdizione fisica dell’accesso al luogo di culto attraverso la chiusura del medesimo, la quale potrebbe creare disorientamento e maggior senso di insicurezza».

Rinnovato, «fino a venerdì 3 aprile», l’invito ad attenersi «con matura coscienza e con senso di responsabilità» alle direttive dei decreti della presidenza del Consiglio dei ministri di questi ultimi giorni, «in particolare quelle del cosiddetto decreto “#Io resto a casa#». Pertanto, «i fedeli sono dispensati dall’obbligo di soddisfare al precetto festivo (cf. cann. 1246-1248 C.I.C.)». In concreto, «rimangono chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere (cf. can. 1214 ss. C.I.C.); restano invece aperte le chiese parrocchiali e quelle che sono sedi di missioni con cura d’anime ed equiparate». Allo stesso modo, «restano altresì accessibili gli oratori di comunità stabilmente costituite (religiose, monastiche, ecc. cf. can. 1223 C.I.C.), limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto in loco residenti e conviventi, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili delle predette comunità».

13 marzo 2020