“Difendiamo i nostri figli”: pronti a tornare in piazza

Le associazioni protagoniste della manifestazione del 20 giugno a congresso in vista dell’approdo del ddl Cirinnà a Montecitorio. Adinolfi: «Va ritirato»

Le associazioni già protagoniste della manifestazione del 20 giugno riunite a congresso in vista dell’approdo del ddl Cirinnà bis a Montecitorio. Adinolfi: «Non ci smuoveremo di un millimetro»

Perdere il posto di lavoro per difendere la sacralità della famiglia: quella composta da papà, mamma e figli concepiti in modo naturale. È quanto accaduto a Luigi Mercogliano, 42 anni, di Napoli che ha portato la sua testimonianza al primo Congresso nazionale del Comitato “Difendiamo i nostri figli” svoltosi sabato 12 dicembre all’Auditorium Antonianum. Ancora una volta unite le associazioni che il 20 giugno hanno portato in piazza San Giovanni un milione di persone a difesa della famiglia. Unite per fare il punto della situazione a sei mesi dalla manifestazione, per conoscere le iniziative portate avanti dai comitati locali e avanzare nuove proposte in vista dell’approdo del ddl Cirinnà bis a Montecitorio. A tal proposito Massimo Gandolfini, presidente del Comitato, ha esortato l’assemblea a «tenere i motori caldi. A breve potrebbe essere necessario tornare in piazza». «Il 20 giugno abbiamo sfidato qualcosa di impensabile – gli ha fatto eco Mario Adinolfi – e siamo pronti a rifarlo, non ci smuoveremo di un millimetro perché il ddl Cirinnà va ritirato. Abbiamo vinto perché abbiamo convinto il Paese».

Tra tutti gli interventi quello di Luigi, padre di due bimbe, sindacalista, ha spiazzato tutti. «Mi ha convocato il responsabile della segreteria sindacale – ha detto – e mi ha comunicato che il mio impegno nella Rete nazionale dei circoli La Croce e nel Comitato “Difendiamo i nostri figli”, dei quali a Napoli e provincia sono il responsabile, aveva creato non pochi imbarazzi e il sindacato non poteva più tollerare questa mio impegno sociale in difesa della famiglia e dei valori non negoziabili. Mi sono dimesso perché per me è importante guardare le mie figlie negli occhi e dir loro che non ho svenduto le mie idee». Una testimonianza «fortissima», l’ha definita Gandolfini. «Questo – ha commentato – è un ricatto strisciante che quasi tutti noi ci siamo sentiti addosso anche se in modo meno aggressivo. In vari ambiti, lavorativo, culturale, sociale e a volte anche ecclesiastico, ci è stato chiesto di essere più inclusivi».

Sul palco i responsabili del comitato “Difendiamo i nostri figli”: Mario Adinolfi, Gianfranco Amato, Giusy D’Amico, Emanuele Di Leo, Paolo Maria Floris, Alfredo Mantovano, Costanza Miriano, Simone Pillon, Maria Rachele Ruiu, Filippo Savarese. Presenti anche Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro al Senato, e Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato. Tutti unanimi nel ribadire che le persone non sono oggetti e che i bambini non si possono comprare. «La maternità surrogata – ha evidenziato Di Leo – è un mero atto commerciale che sfrutta le donne, spesso dei Paesi poveri, per vendere i bambini e creare una nuova forma di business. È allevamento di essere umani. Queste donne andranno a partorire dei bambini che saranno poi strappati loro. Pensare che a Roma c’è una legge che vieta di separare i cuccioli di cani dalla madre prima di 60 giorni».

Da tutti è stato più volte precisato che nessuno giudica gli omosessuali: coppie formate da due mamme o due papà saranno anche capaci di donare amore ma questo loro desiderio non deve diventare un diritto a danno dei bambini che, invece, hanno diritto di sapere da chi sono stati generati. Un secco no alla teoria gender, all’utero in affitto, allo stravolgimento della natura. «Non accettiamo il destino di morte delle famiglie italiane – ha ribadito Mantovano -. Un segno di speranza nel futuro è concepire un figlio come atto d’amore e il nostro lavoro avrà un senso se garantiremo all’Italia questa speranza concreta».

Dai comitati locali è arrivata la richiesta di allargare la base delle associazioni e organismi che partecipano, creando osservatori e una rete di “sentinelle” nelle scuole, composta da operatori scolastici, che possono informare e contrastare iniziative sulla teoria gender spesso organizzate in sordina. Tante le manifestazioni svolte in questi mesi dai comitati locali: incontri e convegni per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica spesso ignara di quanto sta avvenendo, riunioni con i genitori, anche casa per casa, per chiedere loro di vigilare sulle attività scolastiche. E ancora, raccolte di firme contro le leggi che potrebbero essere varate come quella che riguarda la “stepchild adoption”, vale a dire la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. A Messina è stato bloccato in consiglio comunale il registro delle unioni di fatto. Don Alessio Geretti, della diocesi di Udine, ha spiegato che è stato fondato un comitato composto da 300 genitori e alcuni coordinamenti delle realtà pastorali e non, per preparare e promuovere nuovi progetti per le scuole come corsi sulla sessualità e l’educazione affettiva già partiti in molti istituti.

14 dicembre 2015