Difendere la vita, abitarla e coglierne la voce assordante

Ogni giorno la possibilità di tutelarla, silenziosamente. La vita non parla solo una lingua: è inclusiva per definizione. E aspettare è il segreto della vita

«Questa non è vita». Usiamo spesso questa frase. Ancora di più ci è capitato di pronunciarla in questi anni, con la pandemia addosso. Abbiamo molto chiaro cosa non sia vita mentre sul significato di cosa sia vita riusciamo a dividerci e a discutere inutilmente. Negli ultimi due anni abbiamo sentito spesso frasi come: non è stata vita la chiusura. Non è stata vita l’ossessione del dolore. Non è stata vita la solitudine. Non è stata vita la malattia irrefrenabile. Non è stata vita l’adolescenza privata della libertà, la povertà improvvisa in cui sono piombate molte famiglie, l’abissale differenza di accesso alle cure tra poveri e ricchi, la dilaniante sofferenza di medici costretti, in casi estremi, a scegliere tra la vita e la morte dei loro pazienti.

Eppure a tutti noi è capitato di sentire la voce assordante di quella vita che sembra tanto difficile da difendere. A noi due, ad esempio, è capitato di ascoltarla quando sedici anni fa, una ginecologa ha alzato al massimo il volume dell’ecografo facendoci sentire un battito incalzante dinanzi a un’immagine che non aveva ancora nemmeno forma. Ci è capitato di ascoltarla il giorno in cui abbiamo conosciuto due nipoti che pur avendo ancora un altro cognome, si sono fusi nella nostra famiglia in un abbraccio che non era solo presentazione ma anche nascita. Ci ha assordato quando il nostro ultimo figlio si è inaspettatamente presentato con dei tratti somatici diversi dai nostri e regalandoci un’avventura nuova, bella e affascinante. Perché la vita non parla solo una lingua, e non è legata solo ai grandi momenti e alle grandi scelte.

La vita la tuteliamo ogni santo giorno, silenziosamente. Nello sguardo incrinato tra una madre e una figlia adolescente, nella fatica e nelle lacrime di un padre che non dorme la notte preoccupato, nella disperazione di un figlio costretto a crescere anzitempo, o al contrario di chi non è lasciato libero di crescere. La vita si può difendere abitandola, assecondandola, seguendola nel ritmo esatto che storia e chimica le fa battere in un cuore.

Il cortile di casa nostra è asfaltato perché tutti i condomini hanno, giustamente, bisogno di parcheggiare. E i bambini, da qualche tempo, fantasticano su quell’esagono di terra che per alcuni mesi è stato l’unico esterno che hanno avuto modo di frequentare, nei giorni in cui le città erano deserte e le case straripavano vita. Fantasticano su un ciuffo d’erba spuntato tra le crepe del catrame. Parlano di come sarebbe bello se quel cortile fosse tutto verde. Il desiderio di vita è l’ossigeno dei nostri cuori. Non è un concetto insegnato dai professori di scienze, né tantomeno da quelli di religione. È la spinta che muove i giovani di tutto il mondo a difendere la terra. Non si tratta di giudicare l’angoscia di chi non ce la fa più e vuole farla finita ma di dare la propria vita affinché nessuno possa vivere nella sua carne lo straziante dolore di sentirsi costretto a desiderare la morte. È la ribellione verso le forme di oppressione, i totalitarismi, le politiche volte a denigrare l’unicità e la dignità di ogni persona umana.

La vita è inclusiva per definizione. La vita è un campo di erba che appare tutto verde da lontano ma che dentro è abitato da un’infinità di fili nessuno identico all’altro. Come ogni persona che è un’impronta digitale. Un’opera d’arte dal valore inestimabile perché unica e irripetibile. Il senso della vita è il desiderio stesso che i ghiacciai non si sciolgano a causa della frenesia egoistica dell’uomo che non sa più aspettare. Aspettare è il segreto della vita. Aspetteremo che nostro figlio Giorgio, di quasi quattro anni, con la sindrome di Down, riesca a parlare, proprio come tutti speriamo che si torni ad aspettare che la frutta maturi sugli alberi. (con Annachiara Gambini)

7 febbraio 2022