“Diamanti”: Ozpetek, tra melò e realtà

Storia dai ricami preziosi di un passato recente e indimenticabile, il film è anche un omaggio alle donne, verso le quali emerge forte un’idea di solidarietà. In una narrazione dal piglio corale

A Roma, nel 1974, il laboratorio Canova si è conquistato una posizione di primo piano nel settore del cinema e del teatro. Le sorelle Alberta e Gabriella, preparando i costumi per grandi autori e film importanti, hanno messo in piedi una struttura dove sarte e modiste lavorano a ritmo serrato e senza sosta. Da questo scenario parte Diamanti, il nuovo film di Ferzan Ozpetek nelle sale dal 19 dicembre. Nella sartoria il film comincia e poco si sposta per i 135’ di durata. Anzi si può aggiungere, senza nulla togliere alla narrazione, che l’inizio vero e proprio è affidato a un incipit che non ti aspetti: con un tocco esperto e maturo, Ozpetek mette in scena se stesso nel momento in cui incontra le sue interpreti intorno a un tavolo imbandito di cibo per la lettura del copione.

È una sequenza che spacca il sottile rapporto realtà/finzione e dà maggior forza all’incontro sempre affascinante tra vero e falso. Già la scelta del laboratorio è sintomatica della volontà di affidare tutta l’impalcatura della vicenda agli autentici artefici di quel lavoro: sarte, modiste, costumiste, ricamatrici, in generale quel mondo di artigiani che da sempre rappresentano una eccellenza italiana. Tutte appunto declinate al femminile, perché un altro degli ambiti nei quali il film acquista un sapore di fresca novità è che nel dare vita al suo folto gruppo di interpreti il regista decide di affidarsi a elementi femminili.

Nei panni dei numerosi ruoli richiesti dalla storia ecco allora un numero notevole (ben 18) di donne che con invidiabile freschezza diventano attrici. È anche attraverso di loro che il film diventa un viaggio nella memoria del cinema, un diario personale dove tornano volti, ricordi e miti di cui il regista si è circondato nel corso della sua carriera. Omaggio alle donne ma anche a quella ricca tradizione di stile e di raffinata eleganza costruita tra cinema e teatro in tanti decenni da nomi più che illustri quali Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Piero Tosi.

Così Diamanti, mentre diventa una storia dai ricami preziosi di un passato recente e indimenticabile, si propone anche come omaggio alle donne, a quell’elemento femminile verso il quale emerge forte un’idea di solidarietà e società e istituzioni dovrebbero garantire più attenzione e rispetto. In una narrazione dal forte piglio corale e con tante scene di gruppo, Ozpetek dimostra grande capacità nel tenere a freno ogni personaggio e armonizzare il singolo con l’insieme. Ulteriore merito per un regista che, nato ad Istanbul nel 1959, in Italia dal 1976, ha messo saggiamente a frutto la laurea in Storia del cinema e gli studi all’Accademia di costume e di moda.

Per questo suo lungometraggio numero 15, Ozpetek chiama all’opera un nutrito gruppo di attrici italiane. Difficile nominarle tutte; citiamo quindi solo le due sorelle Canova: Luisa Ranieri (Alberta) e Jasmine Trinca (Gabriella).

14 gennaio 2025