Decreto Minniti-Orlando. Asgi: «Muro di norme che limitano il diritto d’asilo»

Il presidente Lorenzo Trucco interviene sul decreto immigrazione: «I migranti non avranno gli stessi diritti degli altri». Approccio «discriminatorio»

Il presidente Lorenzo Trucco interviene sul decreto immigrazione: «I migranti non avranno gli stessi diritti degli altri». Approccio «insopportabilmente discriminatorio»

«Ci sono tanti modi per costruire muri: con il calcestruzzo o con le norme»: è l’immagine che meglio sintetizza quanto sta avvenendo con il decreto Minniti-Orlando sull’immigrazione, approvato al Senato la scorsa settimana con un voto di fiducia (145 sì, il minimo storico da inizio legislatura) e ora in attesa del passaggio finale alla Camera dei deputati. Le organizzazioni che lavorano con i migranti, insieme a molti giuristi, hanno sollevato critiche pesanti contro la normativa. Gli aspetti tecnici di cui si occupa sono di non facile comprensione all’opinione pubblica, che probabilmente non riuscirà a farsi un’idea corretta. Per questo abbiamo chiesto un parere a Lorenzo Trucco, presidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che esprime tutta la sua preoccupazione: «Abbiamo di fronte un orizzonte scuro e pesantissimo. È un cambio epocale. Tutto il sistema di asilo verrà modificato in peggio».

Nel decreto ci sono aspetti tecnici che limitano in diritto d’asilo: quali in particolare?
C’è un aspetto tecnico decisivo: le direttive saranno trasformate in regolamenti. Vuol dire che lo Stato può attuarli direttamente, senza modifiche. Vi è poi l’istituzione della lista dei Paesi di origine «sicuri» e dei Paesi di transito «sicuro». Se la persona è passata o proviene da un Paese di origine «sicuro» oppure passa in un Paese considerato di transito «sicuro», come la Turchia, la domanda di asilo viene considerata inammissibile o ha una procedura accelerata: in sostanza avrebbe pochissima possibilità di ottenere l’accesso all’asilo. Poi ci sarebbero una serie di sanzioni nei confronti di chi si sposta nell’ambito dell’Unione europea per cercare di ottenere asilo in altri Paesi. In questi casi saranno sottoposti a procedure accelerate, con effetti pesantissimi. Il decreto rende poi obbligatorie misure di controllo degli status concessi.

Il punto più controverso riguarda l’introduzione ed estensione in ogni regione dei Centri di permanenza e rimpatrio (Cpr). Che ne pensa?
Con la costituzione dei Cpr si vuole spazzare via tutta la battaglia che ha portato alla chiusura di molti Cie (Centri di identificazione ed espulsione). In sostanza verrebbero trasformati in centri di detenzione. Inutile nascondersi dietro a un dito: l’ipotesi contenuta nel decreto, decisamente pessimo, è l’allargamento dei centri dove le persone verranno detenute. Così si torna indietro. Già adesso gli “hot spot” sono luoghi chiusi dove non è possibile l’accesso e non c’è controllo giurisdizionale. Il problema è che tutto viene fatto con decreto legge, bypassando la normale discussione parlamentare.

Altro punto molto criticato è quello che toglie ai migranti la possibilità di ricorrere in appello quando la richiesta di asilo non viene accolta.
Questo è un fatto clamoroso: basti pensare che una multa per divieto di sosta prevede tre gradi di giudizio. Invece in questo decreto, per il richiedente asilo che sta cercando di far valere un diritto fondamentale, ne sono previsti solo due. Viene codificato il fatto che alcune persone, per diversi motivi, non hanno diritto a un vero e proprio accesso alla giustizia. I ricorsi potranno essere presentati solo in primo grado e poi ci sarà la Corte di Cassazione. Inoltre non c’è alcun obbligo da parte del giudice di ascoltare il richiedente asilo, ma solo se lo riterrà necessario. La storia della persona viene videoregistrata nella Commissione territoriale, bisogna vedere poi l’uso che se ne fa. Il video è trasmesso all’organo decisore del tribunale, che può decidere di non sentire le persone e di non fare una vera e propria udienza. In sintesi: si limita in maniera netta e precisa il diritto all’asilo. È una ferita molto grossa e pesante.

Poi molti richiedenti asilo non riescono a raccontare bene la propria storia perché traumatizzati o spaesati.
Ai colloqui c’è di tutto e nel 90% dei casi tutto si basa sul racconto della persona. Nella migliore delle ipotesi sono persone che abbandonano Paesi dove non è più possibile vivere, per non parlare poi di violazioni gravissime dei diritti umani, persecuzioni, conflitti, eccetera. Una persona che proviene dal Gambia o dal Mali ci mette anni, con angherie pazzesche, ad attraversare il deserto e arrivare in Libia, dove subisce nuovamente abusi nei centri e poi si fa una “crociera” nel Mediterraneo… Il minimo che debba ricevere è una situazione dignitosa affinché possa raccontare la sua storia in modo degno e credibile. Invece l’approccio è veramente sbagliato. Tutti i giuristi sono preoccupati perché quando si smantella un pezzo, cade anche il resto. Spesso la normativa sugli stranieri ha indicato strade pericolose. Il nostro sistema si basa su tre gradi di giudizio per tutti, indipendentemente se straniero o no. In questo caso si tratta di un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali. L’orizzonte è molto buio: c’è il rischio che il sistema dell’asilo sia modificato a tutto tondo, allo scopo di impedire l’arrivo e l’avvio della procedura di richiesta d’asilo.

Quindi anche l’Italia sta alzando un suo muro, anche se non fatto di recinzioni come quelli di altri Paesi europei?
Sì, siamo preoccupati perché ci sono tanti modi per fare i muri: con il calcestruzzo o con le norme. È come dire: intanto rendo tutto molto difficile, con pochi controlli giurisdizionali, tolgo un secondo grado di giudizio, eccetera. Non c’è nulla che va a rafforzare la tutela dei diritti su persone assolutamente deboli. Perché dare loro strumenti minori rispetto agli altri? Qui è in atto una separazione tra persone: i migranti non avranno gli stessi diritti degli altri e tutto ciò è codificato. Si sa, chi è più debole non riesce a far valere i propri diritti e questo purtroppo fa parte della storia dell’umanità. In questo caso si comincia a codificarlo, ponendo dei grandi ostacoli alla tutela dei diritti. E poi mi chiedo: ma sono miopi? Lo sanno tutti che le spinte che portano queste persone a spostarsi sono talmente forti che non sarà mai una normativa scritta a fermarli. Il fenomeno immigrazione c’è dall’origine del mondo, porta con sé tante complessità ma anche tantissime risorse: la demografia, l’economia. Invece c’è un approccio insopportabilmente discriminatorio.

Un aspetto del decreto è la possibilità di impiegare i richiedenti asilo in lavori di pubblica utilità, che in realtà già esiste.
Viene presentato come un aspetto positivo ma se si usa una forza lavoro senza pagarla si chiama sfruttamento o riduzione in schiavitù. Non si dà valore all’integrazione, un fenomeno in controtendenza rispetto a ciò che sta avvenendo in tutta Europa: ci sono fette sempre più grandi della società civile, compresi imprenditori, che sentono l’iniquità enorme di ciò che sta avvenendo e cercano di opporsi, vogliono reagire, iniziare progetti. È un elemento importante e dirompente. Ci sono iniziative molto belle, un elemento di luce in controtendenza rispetto al panorama buio che abbiamo davanti. Perché l’immigrazione e l’asilo sono temi che ci portano al nucleo di ciò che vuol dire vivere in una società civile. Ci dice cosa abbiamo dentro, quali sono i valori a cui facciamo riferimento.

C’è qualche possibilità di fare delle modifiche al decreto?
Stiamo facendo appelli, petizioni. Purtroppo il decreto dal punto di vista giuridico è quasi inemendabile. Faremo una serie di questioni di costituzionalità perché ci sono aspetti illegittimi. Ma è una strada lunga, complicata. Ci vuole una risposta politica ma il panorama è scuro. L’unica speranza sono le forti spinte dal basso, la presa di coscienza dei cittadini. (Patrizia Caiffa)

6 aprile 2017