De Donatis: «Tutte le nostre comunità siano un cenacolo permanente»

Il cardinale vicario ha presieduto la veglia di Pentecoste nella basilica lateranense. La «preghiera per il cammino sinodale» affidata alle suore dei monasteri di clausura

L’esortazione a emulare, «come comunità diocesana», gli apostoli raccolti nel cenacolo insieme a Maria «per diventare veri evangelizzatori e autentici annunciatori», è stata il cuore della riflessione che il cardinale vicario Angelo De Donatis ha proposto nel corso della veglia di Pentecoste, sabato sera, 27 maggio, nella basilica di San Giovanni in Laterano. «Trasformiamo i nostri cuori, le nostre comunità, famiglie e parrocchie in vere case di Pentecoste, in dimore e officine in cui lo Spirito Santo può continuamente operare perché desiderato, cercato, invocato e accolto», ha detto il porporato a quanti gremivano la cattedrale ma guardando all’intera diocesi, nella quale, a livello di singole prefetture, con orari e modalità diverse sono state organizzate le veglie per invocare il dono dello Spirito.

«Se non invochiamo lo Spirito Santo – ha chiesto retoricamente De Donatis – come potremo vivere nello Spirito, cioè in comunione, e amare, servire e annunciare?». E ancora ha spiegato: «Se non c’è la vita nuova dentro di noi, non ci saranno cose nuove» perché «senza lo Spirito noi siamo come una fonte disseccata e non c’è la Chiesa». Da qui l’importanza di riconoscersi «assetati e supplici, deboli e bisognosi di salvezza», ovvero «coloro che aspettano il tempo opportuno e l’acqua che dà la vita per avere sogni e visioni e per ricevere parole profetiche – ha continuato il presule -. Lo Spirito Santo è il dono che non possiamo ottenere con i nostri sforzi ma che possiamo solo umilmente accogliere» perché «ci è concesso solo come risposta alla nostra ricerca». Allora «il cenacolo è il grembo supplice di una Chiesa povera e bisognosa, che ha bisogno di rinascere dall’alto per non rimanere chiusa nelle sue paure, paralisi e divisioni – sono ancora le parole di De Donatis -. Tutte le nostre comunità siano come un cenacolo permanente, una sede che invoca per tutti» e dove «nasca un desiderio nuovo dello Spirito» e «di essere fecondati e di essere quindi resi fecondi per concepire in noi e portare a tutti Cristo». Infatti «la vita nello Spirito del Padre e del Figlio, quella vita che ci immette nel circolo del loro stesso amore», richiede una autentica testimonianza e una feconda condivisione, ha esortato il cardinale. «Se beviamo alla fonte dello Spirito – ha spiegato – diventiamo pneumatoformi, cioè somiglianti a colui che riceviamo, e siamo allora anche pneumatofori, cioè doniamo quello che possediamo e diventiamo anche noi fonte» poiché «l’effusione dello Spirito Santo suscita in noi il desiderio di donarci per corrispondere al suo dono». De Donatis ha quindi esortato: «Doniamoci interamente con le nostre debolezze, le nostre contraddizioni e perfino con i nostri peccati» e «rimaniamo sotto l’azione dello Spirito Santo come in una Pentecoste perenne», capaci di diffondere «nel mondo intero il profumo dello Spirito di Cristo e della sua conoscenza».

Come richiamo concreto a questo invito alla testimonianza, dopo l’omelia e dopo l’invocazione del cardinale allo Spirito Santo, «per rinnovare l’impegno che abbiamo assunto il giorno della nostra cresima» il porporato e i vescovi concelebranti hanno unto i palmi della mani dei fedeli riuniti in preghiera in cattedrale perché «attraverso l’essenza con cui tutti siamo segnati – ha spiegato De Donatis – ricordiamo chi ci ha unti e ci ha inviati». In particolare, il vicario del Papa ha affidato alle tante suore dei monasteri di clausura della diocesi che hanno preso parte alla veglia «la preghiera per il cammino sinodale» affinché «tutti siamo partecipi della vita vera».

29 maggio 2023