De Donatis: «La felicità si trova guardando alla croce che salva»
Concluso con una riflessione sul discernimento il ciclo di catechesi sulla “Gaudete et exsultate”. Frisina: urgente ritrovare «il senso dell’anima»
Volgere lo sguardo «oltre», superando la propria personale visione, per cogliere «l’orizzonte di senso che Dio riserva ad ognuno». Questo significa vivere l’attitudine del discernimento, come ha spiegato ieri sera, 13 maggio, il cardinale vicario Angelo De Donatis affrontando il tema “Scegliere le scelte di Dio” nell’ultimo incontro del ciclo di catechesi sull’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”, dedicata alla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. «Discernere è la capacità donata dal Signore – ha detto il porporato in una basilica di San Giovanni in Laterano gremita di laici e consacrati – di fare propria la volontà di Dio mettendo da parte le nostre preferenze
legate alle personali inclinazioni per fare spazio al progetto del Padre, riconosciuto e accolto con gioia». Questo processo interiore «appare faticoso perché sembra tarpare le ali ai nostri desideri -ha continuato – e invece fa crescere in noi la libertà interiore», quella che, sola, «conduce a Dio, che ci conquista per attrazione e fascinazione, mai per forza».
In particolare in questo momento storico nel quale «tutte le strade appaiono promettenti ma il rischio di illusione è altissimo», è importante esercitare «il dono soprannaturale del discernimento» per comprendere come «non tutto il pane è adatto a saziare il bisogno di infinito che abita il cuore dell’uomo». Ecco quindi l’invito del porporato a «compiere ogni giorno l’esame di coscienza non in chiave moralistica ma spirituale», riconoscendo cioè «come il Signore ha agito nella mia vita e quando invece mi sono chiuso a lui», accontentandomi delle situazioni del momento, «divenendo un burattino che ha perso la propria libertà».
Ancora, per De Donatis è fondamentale comprendere come il discernimento «non ha a che fare con la razionalità o il buon senso perché non è né calcolo delle probabilità né studio dei pro e contro» ma, piuttosto, «un’arte che viene da Dio e che va chiesta continuamente»: vuol dire essere docili allo Spirito, «è un fiuto, un intuito che sa riconoscere la novità che Dio ci dona, gli orizzonti verso cui ci chiede di dirigerci». Due sono le dimensioni da riscoprire e vivere affinché il discernimento divenga esperienza di vita: la misericordia, che conduce alla logica della croce, e la confidenza con la Parola. «La vista dell’anima offuscata dall’orgoglio e dall’egoismo è incapace di compassione – ha sottolineato De Donatis -: solo l’esperienza della misericordia di Dio ci mette in contatto con lo sguardo d’amore del Padre» e cioè solo «il suo perdono, che ci raggiunge al culmine delle nostre debolezze e ci guarisce da nostro io malato, ci restituisce la dignità di figli liberi». È questo il «segreto per noi cristiani – ha concluso il porporato -: la felicità si trova guardando alla croce che salva», non nel qui e ora del mondo, e per fare propria questa convinzione è necessario «coltivare quotidianamente il nostro rapporto con la Parola», assaporando il valore del silenzio e della contemplazione.
Ritrovare «il senso dell’anima»è urgente, oggi, anche per monsignor Marco Frisina, rettore della basilica di santa Cecilia in Trastevere, che ha affiancato il vicario nell’itinerario catechetico tratteggiando a ogni incontro la figura di un santo o di un beato. «Due giganti della fede come santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce – ha affermato – ci indicano la strada per ritrovare quella dimensione spirituale che dà forma al nostro essere». La loro perseveranza nella fede, coltivata nella preghiera, nella Spagna assolutistica di Filippo II e dell’Inquisizione, dice di «un cammino graduale e faticoso, quello che anche noi possiamo compiere fino all’incontro con Cristo, che può avvenire solo nel profondo dell’anima».
14 maggio 2019