De Donatis: «La fede di un vescovo si misura sulla fede dei piccoli»

Presieduta dal cardinale vicario la Messa per l'ordinazione episcopale di don Attilio Nostro, nuovo vescovo di Mileto - Nicora - Tropea. «Quanto più ti stringerai a Gesù, tanto più l'unzione che ricevi ti renderà simile a Lui». Il nuovo presule: «Questo è solo l'inizio»

Un buon vescovo deve stare tra la gente e sentire la responsabilità del gregge che gli è stato affidato. Deve mettersi al servizio di quel gregge, rifuggire dalla tentazione di sentirsi parte di una ristretta cerchia elitaria ed esporsi in difesa degli ultimi. «La fede di un vescovo si misura sulla fede dei piccoli, la sua carità si giudica da quanto ha il cuore umile e grande, forte e generoso. Un vescovo così e il popolo santo di Dio, il popolo dei piccoli e dei poveri, “se la intendono”. Si capiscono subito con uno sguardo. Diventano il regno di Dio in terra. Il cuore grande del vescovo, del presbiterio e del popolo di Dio include e non esclude». Nella Messa per l’ordinazione episcopale di don Attilio Nostro, nominato vescovo della diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea, sono tante le raccomandazioni e i consigli rivolti al nuovo presule dal cardinale vicario Angelo De Donatis che sabato 25 settembre ha presieduto la liturgia nella basilica di San Giovanni in Laterano.

Nel pieno rispetto delle norme anti Covid, tanti i fedeli che hanno seguito la celebrazione anche dal quadriportico del Vicariato, per salutare don Attilio che si appresta a lasciare Roma per tornare, dopo oltre 30 anni, in Calabria, sua terra di origine. La Messa per l’ingresso del vescovo nella nuova diocesi si terrà sabato prossimo, 2 ottobre, nella cattedrale di Mileto. Tra i partecipanti, i parrocchiani di San Giuda Taddeo, «primo amore» del nuovo vescovo, comunità che ha guidato dal 2001 al 2014. Poi i fedeli di San Mattia, «indimenticabile amore degli ultimi sette anni» di monsignor Nostro. Molti anche i parenti, gli amici, le personalità della diocesi calabrese, intere comunità che hanno pregato e invocato lo Spirito durante la consacrazione avvenuta attraverso le mani del cardinale vicario, dei due arcivescovi conconsacranti Fortunato Morrone, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova, e Francesco Massara, arcivescovo di Camerino – San Severino Marche e vescovo di Fabriano – Matelica, dei cardinali Enrico Feroci e Paolo Lojudice, del vescovo Donato Oliverio, eparca di Lungro degli italo-albanesi e di altri 14 vescovi. «È tutta la Chiesa Madre che impone le mani su di te, con un gesto pieno di forza e di tenerezza materna – ha detto il cardinale De Donatis -. È il Signore che prende possesso di te».

L’invito è stato quindi quello di esercitare un ministero che rispecchi l’immagine del buon pastore al servizio del suo popolo. Una missione che svelerà «il segreto di tutta la vita» di monsignor Nostro, «il filo rosso» che legherà le sue giornate. «Quanto più ti stringerai a Gesù e vivrai la comunione d’amore con Lui, tanto più l’unzione dello Spirito che oggi ricevi ti renderà simile a Colui che ami, per il bene dei tuoi fratelli», ha affermato il porporato. Ricordando che l’unzione ricevuta durante la consacrazione è «al servizio di tutti», ha esortato il nuovo vescovo a non usare mai «parole di circostanza» con quanti si rivolgeranno a lui «stanchi per le fatiche della vita o sfiduciati per il male e il malaffare che dilaniano la vita sociale, o impauriti da tanta corruzione e violenza, o anche induriti dai loro peccati e devastati dal loro egoismo». Compito di un buon pastore è ricordare «con forza a ciascuno che è figlio libero di Dio, re, profeta e sacerdote». Il ministero episcopale dovrà ruotare attorno alla cura per gli ultimi, per questo il cardinale vicario ha dato mandato a monsignor Nostro di «lottare per impedire che il male, come un morbo, infetti e corrompa le membra elette del corpo di Cristo, soprattutto le membra più fragili, le più indifese». Con l’ordinazione, il nuovo vescovo è chiamato «a difendere i diritti dei poveri» esercitando l’unico potere a sua disposizione, ossia quello «della Parola di Dio sulle labbra». Il Vangelo e la forza dell’unzione dello Spirito sono le uniche armi sulle quali potrà contare, «non sulle strategie umane», ha detto De Donatis invitando don Attilio a «conservare sempre nel cuore la capacità di commuoversi per la fede dei piccoli. La fede della gente autentica, senza doppiezza, la fede dei poveri, la fede dei padri e delle madri, la fede dei nonni. Non reputarti mai membro di un’élite», ha rimarcato.

Nato a Palmi (Reggio Calabria) il 6 agosto 1966, monsignor Attilio Nostro è stato alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore ed è stato ordinato sacerdote da san Giovanni Paolo II il 2 maggio 1993, per la diocesi di Roma. Appassionato di ciclismo e di pallacanestro, è sempre stato molto attento alla formazione dei giovani, compresi gli studenti dell’Istituto scientifico Nomentano, dove ha insegnato religione cattolica. Il suo motto episcopale “Pauper lucerna caelestia quarens” (Povera lampada che cerca i cieli) è tratto e tradotto in latino da una poesia del venerabile don Francesco Mottola, presbitero di Tropea che sarà beatificato il 10 ottobre prossimo. Per l’anello, invece, ha deciso di far forgiare le fedi nuziali dei genitori con sopra l’immagine della Madonna della fiducia, «incoraggiamento, conforto e monito» per i primi passi da vescovo. «Questo è solo l’inizio – le sue parole -. Gesù nelle mani non portava un anello ma il segno dei chiodi e io vorrei che queste ferite di amore si imprimessero nella mia vita e nel mio cuore. Aiutatemi a diventare quel figlio prodigo ritrovato che va incontro al Padre misericordioso. Quell’abbraccio del Padre è l’abbraccio del ritorno a casa e quel ritorno a casa è il ritorno in Calabria, terra che mi ha generato».

27 settembre 2021