De Donatis: imparare da san Giuseppe un «coraggio creativo»

Il cardinale ha guidato la liturgia penitenziale di inizio Quaresima per i sacerdoti del settore Centro, nella basilica dei Santi Apostoli. Il progetto di un «nuovo carisma», frutto della collaborazione tra parrocchie, rettorie, e movimenti

Meditare la figura di san Giuseppe. Lasciarsi ispirare dal suo «coraggio creativo», fuggendo dalla tentazione di mettere da parte il Signore quando le prove stravolgono i propri piani o fanno cambiare rotta alla vita che ci si era immaginati. Al padre putativo di Gesù il cardinale vicario Angelo De Donatis ha affidato il cammino quaresimale del presbiterio del settore Centro che questa mattina, giovedì dopo le Ceneri, 18 febbraio, si è ritrovato nella basilica dei Santi XII Apostoli per la liturgia penitenziale. Il perdurare dell’emergenza sanitaria non ha permesso infatti il tradizionale appuntamento del clero romano con Papa Francesco nella basilica di San Giovanni in Laterano all’indomani del mercoledì delle Ceneri. Nel pieno rispetto delle norme sul distanziamento fisico si è quindi optato per una liturgia penitenziale celebrata a partire dalle 10 nei cinque settori e presieduta dai rispettivi vescovi ausiliari. I presbiteri del settore Est si sono riuniti nella basilica di Santa Maria Ausiliatrice per la liturgia presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri. La celebrazione del settore Sud si è svolta nel Santuario Nuovo del Divino Amore con il vescovo Dario Gervasi mentre a Santa Maria della Speranza il vescovo Guerino Di Tora ha celebrato per il settore Nord. Infine, per il settore Ovest celebrazione a San Giuseppe al Trionfale con il vescovo Paolo Selvadagi.

Figura chiave della liturgia penitenziale è stato lo sposo di Maria Vergine per il quale il 19 marzo si aprirà l’anno a lui dedicato e voluto da Papa Francesco, autore della lettera apostolica “Patris corde” che ha fatto da sfondo alla riflessione personale del presbiterio. Il cardinale De Donatis ha invitato i sacerdoti a ispirarsi a Giuseppe, l’uomo giusto che «nel cuore della prova ha rivelato un cuore buono e tenero, preoccupato di salvare Maria e di comprendere dal punto di vista di Dio quello che le stava accadendo più che vedere come tirarsi fuori da una storia imbarazzante e misteriosa». Il porporato ha ammesso «sinceramente» che in ogni uomo, compreso il sacerdote, il religioso, il consacrato, nonostante abbia maturato un lungo cammino di fede, nel cuore «se si va a scavare, qualche sospetto su Dio rimane sempre» e la conversione di ciascuno «è un lavoro da fare fino all’ultimo giorno della propria vita». Tante le prove, anche incomprensibili, che attendono l’uomo ma il consiglio del cardinale è quello di non lasciarsi scoraggiare ma «farsi convertire dalle prove alle quali si è tentati di rispondere con una logica di distanza e di peccato. Le prove educano a lasciare agire il Signore, a sperimentare la bellezza e pienezza della vita e a rafforzare il legame con Lui».

Le comunità parrocchiali affidate a ogni sacerdote rappresentano «una chiamata a vivere la paternità singolare di Giuseppe che non genera Gesù secondo la carne e che diventa custode della vita del Figlio di Dio e di sua madre». A tal proposito durante la mattinata di preghiera e di riflessione, rivolgendosi direttamente ai presbiteri che vivono il proprio ministero nel cuore di Roma, il cardinale, che per tanti anni è stato parroco a San Marco a piazza Venezia, ha affermato di conoscere bene le difficoltà che si incontrano nelle parrocchie del centro «dove non sempre si vedono i frutti del proprio lavoro, piuttosto le complicazioni continue» che potrebbero portare a «un segreto ripudio». Rispetto alle parrocchie degli altri settori, concentrate in quartieri residenziali dove è più semplice reperire risorse umane e fregiarsi di comunità più grandi, il progetto pastorale diocesano nel centro di Roma deve essere «interpretato in maniera originale». Il centro può essere immaginato come un luogo di prima evangelizzazione per pellegrini e turisti e per il «Giubileo del 2025 si potrebbe ripensare una vita pastorale incentrata sulla collaborazione tra parrocchie, rettorie, e movimenti per mettere in circolo un nuovo carisma per il centro di Roma». Non va persa la dimensione missionaria, ha aggiunto il cardinale per il quale i sacerdoti del centro sono chiamati oggi ad avere uno sguardo attento sul turismo religioso, sugli albergatori, sui ristoratori, tutte le attività i n grande sofferenza economica. Oggi è quanto mai importante «uscire e concedersi del tempo per conoscere e generare autentiche relazioni interpersonali».

18 febbraio 2021