De Donatis: imparare a «trafficare la vita, guardando al futuro»

La Messa in suffragio di presbiteri e cardinali della diocesi morti nel 2020, nella basilica di San Giovanni in Laterano. «Mettere nelle relazioni più amore»

È possibile imparare qualcosa da ognuno. Anche dall’amministratore “disonesto” della parabola evangelica che agisce con “scaltrezza”. Un brano che provoca sempre «sconcerto» se ci si limita a interpretarlo «a livello morale» anziché riflettere sul fatto che anche al discepolo di Cristo è richiesta scaltrezza, da tradurre nella «capacità di mettere ogni realtà mondana in relazione con il Regno di Dio». Il racconto del capitolo 16 del Vangelo di Luca è stato al centro dell’omelia del cardinale vicario Angelo De Donatis che venerdì 6 novembre, mese tradizionalmente legato alla commemorazione dei defunti, nella basilica di San Giovanni in Laterano ha celebrato la Messa durante la quale sono stati ricordati quattro cardinali e 33 presbiteri morti nel 2020. Presenti alla liturgia il vicegerente Gianpiero Palmieri e i vescovi Paolo Ricciardi e Luca Brandolini, rispettivamente delegato per la pastorale sanitaria e vicario dell’arciprete della cattedrale.

Pensando al ministero svolto dai sacerdoti ricordati durante l’Eucaristia, il cardinale De Donatis ha affermato che, come l’amministratore della parabola, «sono stati continuamente richiamati dalla loro vocazione a rimanere amministratori e semplici domestici, riconoscendo e facendo riconoscere agli altri l’unico riferimento all’unico padrone». Con alcuni dei sacerdoti defunti aveva un rapporto personale e alla luce del passo evangelico immagina che «anche loro si sono lanciati alla ricerca di coloro che potevano aiutare, creando o rafforzando legami di solidarietà per assicurare la speranza per il futuro». L’invito del porporato è stato quindi quello di imparare dall’amministratore «a trafficare la vita, a guardare al futuro non al passato, concentrandosi sulle relazioni odierne, mettendo in esse più amore, per guardare al futuro con speranza. Questo permetterà di colmare quei vuoti che si sono creati nel tempo».

Commentando la parabola, De Donatis ha rimarcato che il senso delle parole rivolte da Gesù «è da cogliere nel legame che il discepolo ha con il Regno di Dio, con quei beni che durano e che sono custoditi da Dio stesso. È questo il tesoro che il discepolo deve cercare con tutte le sue forze e sul quale deve puntare tutta la sua vita rischiando con coraggio, usando tutti i mezzi che ha a disposizione anche quelli materiali come la ricchezza. «Essere cittadini del cielo significa vivere nella consapevolezza che nulla sulla terra è compimento dell’uomo. Essere nel mondo ma non del mondo, pellegrini su questa terra in cammino verso la patria. Non significa disinteressarsi di questo mondo o addirittura disprezzarlo ma vivere mettendo tutto in relazione con il Regno di Dio, compimento della nostra vita».

La scaltrezza e la lucidità dell’amministratore che cerca una rapida soluzione per assicurarsi un futuro tranquillo devono essere di esempio per i discepoli di Cristo, chiamati a vivere affinché «tutto sia orientato al futuro del Regno di Dio – le parole del porporato -. A ciascuno è data una sola vita e deve gestirla con decisione, con scelte, con orientamenti che siano sempre in relazione con il Regno di Dio anche utilizzando con scaltrezza i beni di questo mondo e questo richiede discernimento spirituale, la consapevolezza continua che il futuro è nelle mani di Dio ma sta a noi saper cogliere le opportunità che il Signore ci offre per entrare nel Regno da discepoli».

9 novembre 2020