De Donatis: essere “testimoni e profeti”, «una chiamata per tutti»
Il cardinale ha presieduto la veglia missionaria, nella basilica lateranense, conferendo il mandato missionario a 15 laici e consacrati che partiranno per la missio ad gentes nel corso dell'anno. Tra le testimonianze, anche quella di suor Shenhaz Bhatti, rientrata dall'Afghanistan lo scorso agosto
Impegnarsi nel «trasmettere la tenerezza del Padre, specialmente ai più poveri»: questo significa «essere “testimoni e profeti”». Così, riprendendo il tema sia della veglia da lui presieduta ieri sera, 21 ottobre, nella basilica di San Giovanni in Laterano, sia della Giornata missionaria mondiale che si celebra il 24 ottobre, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha definito il ruolo dei missionari. Conferendo il mandato diocesano a quanti nel corso dell’anno partiranno per la missione ad gentes, «per portare nel mondo la Buona Notizia», il porporato ha però sottolineato che «tutti siamo chiamati a diventare testimoni e profeti di un mondo diverso e di una nuova fraternità, che deriva dalla comune paternità di Dio: questa è la bella notizia». In particolare, De Donatis ha spiegato che per essere credibili e creduti «è necessario partire dal Vangelo, che ci riporta all’indimenticabile incontro di Gesù con i suoi primi discepoli», evidenziando come il racconto evangelico della vocazione di Andrea e Pietro narrato da Giovanni «a differenza degli altri Vangeli presenta un interrogativo – “Che cosa cercate?” – e poi una risposta – “Venite e vedrete” -, che è una chiamata rivolta a ciascuno di noi, perché il Signore ci invita a un percorso interiore di cambiamento e insieme a una disponibilità a metterci in cammino». A dire che, come i primi discepoli, per testimoniare Cristo «bisogna lasciarsi interrogare e ispirare dalle sua Parola e dai suoi gesti. Non c’è un’altra scuola – ha ribadito il porporato -, è un processo di discernimento e di maturazione che chiede di rinnovare il nostro incontro personale con Cristo, di cercarlo ogni giorno senza sosta, specialmente nella preghiera e nell’Eucaristia». Siano queste ultime, ha esortato quindi i presenti che gremivano la cattedrale, «la base di ogni vostra attività, altrimenti la gioia del Vangelo si trasformerà presto in noia, logorandosi».
Sono 15 i laici e i consacrati che hanno ricevuto il mandato diocesano unitamente al Vangelo, «segno della carità di Cristo e della nostra fede», ha pregato il cardinale, e al crocifisso missionario; tra loro, una coppia di sposi della parrocchia di San Benedetto Giuseppe Labre, che partirà per il Congo, e Giampiero Lovat con la moglie Agnese Pastore, che vivranno un’esperienza di missione in Birmania insieme ai loro figli Tobia, Samuele, Gionata, Elia, Rebecca e Isacco. «Nel ricevere il mio paterno augurio – ha detto De Donatis -, abbiate la certezza della presenza del Signore. Sia questa la forza del vostro impegno, specialmente nei momenti di prova». Anche 10 giovani della parrocchia di San Frumenzio ai Prati Fiscali hanno presentato il loro impegno, offrendo la propria disponibilità per animare missionariamente i loro coetanei che incontreranno nel quotidiano, sia nell’ambiente di lavoro che di studio. «Ispirati da ciò che abbiamo ricevuto dai nostri catechisti ed educatori – hanno spiegato -, desideriamo restituirlo nella nostra quotidianità ma anche a favore della missione del Mozambico che la nostra parrocchia sostiene, dove ci recheremo la prossima estate». A ciascuno, De Donatis ha consegnato un sacchettino di sale, «un simbolo ricco di significato evangelico» poiché «Gesù ha espressamente invitato i suoi discepoli a essere “il sale della terra”, affinché l’esperienza umana potesse godere del suo vero sapore, quello di gustare la bellezza della sua dignità, creata a immagine e somiglianza di Dio».
Momento centrale della veglia, animata dai canti di un coro misto, composto da suore originarie di diversi Paesi e da un gruppo della parrocchia di San Pio X, quello dedicato alle testimonianze di due religiose e di una famiglia. Suor Lucia Bortolomasi, missionaria della Consolata, ha raccontato dei 15 anni trascorsi in Mongolia. «I primi tempi sono stati quelli dell’inserimento, con lo studio della lingua e della cultura locale – ha detto -. La vita della missione ha messo a nudo la mia persona e mi ha fatto davvero scoprire cosa è essenziale nella vita, richiedendomi di scardinare le mie certezze e di far cadere le mie strategie per fare posto alla Grazia di Dio». In particolare, la religiosa ha spiegato come, «vivendola, ci si accorge che la missione è di Dio» e che «le persone che ho incontrato in quei luoghi, dove la temperatura raggiunge i 40 gradi sotto lo zero, mi hanno insegnato che il Vangelo cambia davvero la vita se lo lasciamo entrare».
La seconda testimonianza è stata quella di Mariarita Loporchio, che con il figlio Emanuele ospita da un anno Gift Iymah, una rifugiata politica nigeriana, e la sua bambina di 4 anni. «Quando mio figlio mi ha proposto questa esperienza di accoglienza – ha raccontato – era un momento molto difficile per la nostra famiglia perché mio marito era morto l’anno precedente e all’inizio ammetto di essere rimasta spiazzata». Poi, però, «ho accettato e abbiamo cominciato ad aiutare Gift e la sua bambina prima di tutto per quanto riguarda l’inserimento e l’integrazione nel nostro Paese», senza dimenticare che «accogliere significa soprattutto conoscere la cultura e il vissuto di queste persone e non chiedere loro di cambiare, perché la cultura italiana non è oggettivamente superiore». Infine la testimonianza di suor Shenhaz Bhatti, pakistana e della congregazione delle Suore missionarie di Santa Giovanna Antida. Rientrata dall’Afghanistan lo scorso agosto «con l’ultimo volo utile organizzato dal governo italiano», la religiosa era impegnata nella Capitale afghana da due anni «nell’assistenza ai bambini, specialmente quelli orfani e disabili», e sogna «il ritorno a Kabul per far sentire la mia vicinanza a quelle persone alle quali ero e sono vicina».
A introdurre la veglia era stata suor Elisa Kidané, comboniana, che da pochi mesi dirige il Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi di Roma. «In questo speciale mese missionario – ha ricordato -, riaffermiamo con gioia l’importanza di metterci in gioco per il Vangelo, essendo testimoni e profeti in un mondo assetato di Buona Notizia».
22 ottobre 2021