De Donatis cardinale. Il Papa: «Servire Cristo»
A San Pietro, durante il Concistoro del 28 giugno, Francesco crea 14 nuove porpore. Per Francesco «l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo»
A San Pietro sono le 16.35 quando il vicario di Roma si inginocchia davanti al suo vescovo. Sul capo di don Angelo, Francesco impone lo zucchetto e la berretta cardinalizia «rossa come segno della dignità del cardinalato, a significare che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa». Poi, «dalla mano di Pietro» la consegna dell’anello con l’invito a ricordare che «con l’amore del Principe degli Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa». Infine, dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e l’assegnazione del “titulus Marci” (San Marco in Campidoglio ndr.), lo scambio dell’abbraccio di pace tra il Papa e il suo vicario per la diocesi di Roma.
Oltre a De Donatis cardinale, nel Concistoro di oggi, sono stati creati altri due cardinali italiani: Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato vaticana fino ad agosto, quando assumerà la guida della Congregazione per le cause dei santi, e Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila. Con loro, a ricevere la berretta cardinalizia, Luis Raphael I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, in Iraq; Luis Ladaria Ferrer, gesuita spagnolo, dal 1° luglio 2017 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Konrad Krajewski, polacco, Elemosiniere pontificio; Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan; Antonio dos Santos Marto, vescovo di Leiria– Fatima, in Portogallo; Pedro Ricardo Barreto Jimeno, gesuita, arcivescovo di Huancayo, in Perù; Désiré Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina, in Madagascar; Thomas Aquino Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka, in Giappone.
Tre i cardinali non elettori: Sergio Obeso Rivera, arcivescovo emerito di Xalapa, messicano, Toribio Ticona Porco, prelato emerito di Corocoro, boliviano, e Aquilino Bocos Merino, claretiano spagnolo, l’unico non vescovo tra i nuovi cardinali. A tutti loro, sulla scorta del Vangelo di Marco, il Papa ha ricordato che non serve «guadagnare il mondo intero se si è corrosi all’interno», se si vive «tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione». In questa situazione – il monito di Francesco – «si potrebbero già vedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche».
Ma, niente paura, «mentre siamo sulla strada per Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo». Il cardinalato non è una promozione, una onorificenza, lo è «servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel tossicodipendente, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite». Infine il monito del pontefice ai neo cardinali: «Nessuno di voi deve sentirsi “superiore” ad alcuno. Nessuno di voi deve guardare gli altri dall’alto verso il basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi».
Le ultime parole dell’allocuzione di Francesco sono dedicate a San Giovanni XXIII. Del suo testamento spirituale il Papa ha voluto ricordare il ringraziamento che il suo predecessore rivolse a Dio «di questa grazia della povertà […] che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né denari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici».
A testimoniare e a ringraziare il Papa per la «vitalità e l’apertura della Chiesa che concretizza la sua universalità al servizio di tutti gli uomini» è stato il cardinale Sako nel suo indirizzo di saluto al pontefice: «Assicuriamo la nostra collaborazione ancora più intensa per promuovere la cultura del dialogo in particolare dove c’è più bisogno come nell’Iraq, nella Siria, nella Palestina e nel Medio Oriente». Oggi «vogliamo rinnovare la nostra fedeltà alla Chiesa e alla nostra gente con la promessa che faremo il nostro meglio per essere testimoni gioiosi della nostra fede, del nostro amore, della gratuità, del perdono» nel mondo d’oggi «che vive nell’indifferenza, nel consumismo e nei conflitti di potere e di interessi».
28 giugno 2018