De Donatis: alla sequela di Cristo, in cammino verso la santità

A San Giovanni il secondo incontro sull’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”. Il vicario: «Vigilare contro gnosticismo e pelagianesimo». Frisina: «L’amore di Dio è questione di cuore non di progetti umani»

Il cammino verso la santità è uno soltanto: quello tracciato da Cristo e illuminato dall’amore di Dio; le strade alternative si rivelano nient’altro che vicoli ciechi. In questi termini il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha riflettuto ieri sera, 12 novembre, sul tema “A chi sta scomoda la santità?”, nel corso del secondo incontro del ciclo di catechesi sull’esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”, dedicata alla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. In una basilica di San Giovanni in Laterano gremita di laici e consacrati, il porporato ha dapprima sottolineato che «la santità implica un cammino autentico di conversione e una trasformazione di vita radicale che non ci deve spaventare, lasciandoci nelle nostre comodità sterili e spesso pericolose, perché Dio, che vuole dare forma e armonia alla nostra esistenza, ce ne tira fuori con il suo amore che è insieme motore, ragione e meta», nell’itinerario di imitazione dei santi.

De Donatis ha quindi considerato «cosa fare per aumentare la vigilanza contro le due scorciatoie della vita spirituale, le eresie dei primi secoli del cristianesimo considerate dal Papa attuali in modo allarmante: gnosticismo e pelagianesimo». Entrambe dominate dall’«io», sono «falsificazioni della santità»: chi segue la prima «dimentica che il mistero di Dio è un dono della grazia e non il frutto dei ragionamenti dell’uomo – ha chiosato il vicario -, ha la pretesa di avere tutto sotto controllo mentre Dio ci sorprende sempre». Se dunque «è legittimo che la ragione indaghi, è sbagliato ridurre Dio a un concetto, come fa lo gnostico: si tratta di avere una fede disincarnata, credendo a una dottrina e non all’incontro con una persona».

Nuovo pelagiano è invece «chi assolutizza la propria esperienza di fede dimenticando che tutto dipende da Dio e dalla sua azione misericordiosa» e «non sono pochi, oggi, i cristiani che dicono di credere nella grazia ma contano invece sulla volontà umana». Per costoro «la fede è il frutto di uno sforzo personale – ha spiegato ancora De Donatis -, laddove Gesù è unicamente un modello cui corrispondere e da imitare con tutte le proprie forze mentre il Vangelo è semplice e mette al centro il primato dell’amore di Dio nelle cui mani dobbiamo arrenderci fiduciosi».

Che l’amore di Dio «è questione di cuore e non di progetti umani ed elucubrazioni mentali lo ha insegnato anche sant’Alfonso de’ Liguori – ha detto monsignor Marco Frisina, rettore della basilica di santa Cecilia in Trastevere, che affianca il vicario nell’itinerario catechetico tratteggiando a ogni incontro la figura di un santo o di un beato -: nella Napoli del XVIII secolo annunciò a tutti, specialmente ai più poveri, la possibilità di essere santi». Rendendo semplice e accessibile agli ultimi «la sua grande preparazione e sapienza, veicolò con la musica, l’arte e la morale il messaggio di Cristo – ha aggiunto il sacerdote -, combattendo le tendenze gianseniste del tempo secondo le quali, come per gnostici e pelagiani, soltanto coloro che erano perfetti potevano salvarsi».

Il prossimo appuntamento è in programma per il 10 dicembre, sempre alle 19, sul tema “La scala della felicità” e san Francesco d’Assisi.

13 novembre 2018