De Donatis al “Maggiore”: «Rivedere la formazione dei sacerdoti alla luce dei pilastri del Vangelo»

Il vicario ha celebrato la Messa per la Madonna della Fiducia. La fedeltà «non è il risultato dell’impeccabilità quanto dell’umiltà». Seminario e diocesi «insieme senza paura di cambiamenti inevitabili e necessari»

Riconoscere i limiti della condizione umana e fare di questa consapevolezza la propria forza, guardando a Maria come modello di umiltà e responsabilità per un cambiamento autentico. Questo il cuore della meditazione che monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha proposto sabato mattina, 10 febbraio, nel corso della Messa solenne da lui presieduta al Seminario Romano Maggiore. In occasione della festa della Madonna della Fiducia che la comunità del Laterano celebra ogni anno il sabato precedente l’inizio della Quaresima, l’arcivescovo ha invitato a rivolgere «alla Madre le nostre suppliche affinché doni alla Chiesa sacerdoti capaci di combattere la buona battaglia spirituale».

Nel commentare la Parola del giorno, De Donatis ha tracciato un itinerario da seguire, in tre tappe: del brano della Genesi ha evidenziato la dimensione della tentazione, «un aspetto insolito della bontà e della sapienza del Padre – ha detto – ma finalizzato alla redenzione» e coerente con «la creazione non di un automa ma di un essere in divenire, per il quale il Padre aveva previsto anche la caduta e il disorientamento». La fedeltà, quindi, «non è il risultato dell’impeccabilità quanto dell’umiltà», perciò non esiste un modello di sacerdote ideale e perfetto, piuttosto, «la cornice cristiana è data dalla tentazione e dalla capacità di scelta», come è stato «anche per Gesù nei giorni del deserto».

La seconda indicazione De Donatis l’ha ricavata dagli Atti degli apostoli: Maria che, dopo la morte del Figlio, condivide con i discepoli la quotidianità, la preghiera e soprattutto l’attesa, «offre un servizio alla memoria». La sua presenza a Gerusalemme «ricorda a tutti noi che l’uomo sulla croce è lo stesso bambino di Betlemme – ha chiosato il presule – e che solo una carne vera è destinataria della resurrezione, una carne che unicamente Dio può conformare». A dire che la limitatezza umana «va vissuta a pieno, senza sognare ciò che non saremo mai, sprecando energia in adolescenziali narcisismi».

Infine, la linea guida del Vangelo: l’impegno di Giovanni ad accogliere Maria nella sua casa «avviene proprio sotto la croce – ha illustrato De Donatis – perché è necessario saper fare compagnia a Cristo sul Calvario affinché ci sia vera comunione». Il presule ha presentato l’esegesi di questo brano: la Madre raffigura la comunità giudaico-cristiana mentre il mondo greco è identificato nel discepolo e «sotto la croce avvengono simbolicamente le nozze, come tra la donna e l’uomo, ossia il crocifisso illumina la nascita di un’unica comunità». Quando non si guarda alla croce «ci si carica inevitabilmente di altro – ha spiegato l’arcivescovo -: ruoli, pretese e vanagloria che comportano necessariamente l’egoismo, nemico della comunione autentica».

In conclusione, De Donatis – che è stato direttore spirituale presso il Seminario Romano dal 1980 al 1988 – ha osservato come occorra ripensare il ruolo del sacerdote: «si tratta di una revisione alla luce dei pilastri del Vangelo, che seminario e diocesi devono fare insieme» perché «sarebbe rischioso elaborare un rinnovamento della formazione iniziale del clero in un sistema ecclesiale mancante di nuovi paradigmi». Nell’affidare alla Madonna della Fiducia questa intenzione, «senza paura per i cambimenti inevitabili e necessari», il presule ha indicato in Maria il modello perché «ha più volte dovuto ripensare la propria vita e il suo segreto è stato pensarsi sempre discepola».

 

12 febbraio 2018