De Donatis al Maggiore: «Praticare la capacità di benedire»

Il cardinale ha presieduto la Messa per festa della Madonna della Fiducia, patrona del Seminario. L’invito a guardare a Maria e alla sua «attitudine a riconciliare»

Riconoscere i caratteri prioritari di servizio e dono nel proprio ruolo di presbiteri e rendere questa consapevolezza lo strumento efficace per rinnovare l’alleanza con Dio e con i fratelli, guardando a Maria come modello di umiltà. È l’invito rivolto dal cardinale vicario Angelo De Donatis sabato 2 marzo, nella Messa presieduta al Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia, patrona della struttura di formazione, che la comunità del Laterano celebra ogni anno il sabato precedente l’inizio della Quaresima. Il porporato ha esortato a invocare l’intercessione «della Madre affinché possiamo abbandonarci al Signore, riconoscendo con l’intelligenza del cuore che senza di Lui non possiamo fare nulla».

Nel commentare la Parola scelta per la celebrazione, De Donatis – che è stato direttore spirituale del Seminario Romano dal 1980 al 1988 – ha indicato «due parole-chiave semplici ma capaci di fare da guida e riferimento: visione e riconciliazione». Del brano evangelico delle Nozze di Cana ha  evidenziato «la capacità della Madre di accorgersi che manca il vino», che equivale «alla mancanza di amore autentico dietro il rispetto formale dell’Alleanza con Dio, quella tiepida negligenza fatta di rituali che si realizza quando il credente muta appunto il vino dell’Alleanza nell’acqua della tiepidezza». Questo si verifica «se domina la competizione e si ricerca la perfezione nella prestazione, se si usano le cose sante per “farsi un nome” così che il ministero diviene una libera professione» che pone al centro «l’ego, desideroso di sentirsi sovrano indiscusso ma soltanto di un piccolo e grigio regno». Nel riconoscere in Maria «una grazia grande per il presbitero perché lo interroga continuamente chiedendogli di verificare se non manchi per caso il vino», De Donatis ha
ammonito rispetto «al peccato di cenodossia ossia la vana gloria ricercata nel desiderio di apparire, mascherato, però, da servizio e attività pastorale che devono trovare per forza una risonanza e finire sui social».

Dal brano degli Atti degli apostoli, invece, il porporato ha ripreso l’immagine di Maria che «dopo la morte di Gesù e fino alla Pentecoste, tiene unita la comunità e ancora oggi ci trasmette la certezza di un amore che non viene meno nonostante le nostre paure e i nostri peccati ripetuti»; guardando quindi alla Madre e «all’attitudine a riconciliare di colei che rimane unita a quelli che avevano rinnegato suo figlio, dobbiamo imparare a riconciliarci con gli altri in uno slancio di santità, quella che non lascia indietro nessuno ad arrancare». Quindi, un’indicazione pratica «per compiere il primo passo nel cammino autentico di riconciliazione: praticare la capacità di benedire perché riconciliazione equivale a benedizione, ossia dire bene dell’altro». È semplice e «fin troppo facile scovare il male – ha detto ancora De Donatis – ma l’uomo spirituale è colui che individua il bene e se ne prende cura e il bravo sacerdote è quello che riconosce la bravura dell’altro sacerdote: senza benedizione non c’è fiducia e non può quindi esserci gioia ma, soprattutto, a mancare è la presenza dello Spirito Santo nel nostro agire».

4 marzo 2019