De Donatis ai salvatoriani: «Avete portato molto frutto»

L’incontro del cardinale al Divino Amore per i 25 anni dell’Apostolato accademico. Tre i consultori familiari attivi nella Capitale. Luparia: «Siamo punto di riferimento»

Alla vigilia dell’anniversario della nascita di padre Giovanni Maria della Croce Jordan, fondatore della Società del Divin Salvatore nel 1881, sabato mattina, 15 giugno, i continuatori della sua opera, i membri dell’Apostolato accademico salvatoriano, si sono riuniti nel nuovo santuario del Divino Amore per celebrare i 25 anni di attività. Prima di presiedere la Messa solenne in occasione dei festeggiamenti, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha incontrato i fondatori e gli operatori del movimento, presentati singolarmente dal presidente Marco Ermes Luparia. «Fin dalla prima forma embrionale della nostra realtà, sorta nel 1994 – ha detto il diacono permanente e psicoterapeuta –, ci siamo spesi per operare professionalmente offrendo sostegno psicologico e psicoterapeutico a favore della famiglia e nell’ambito vocazionale; ad oggi sono centinaia i pazienti incontrati e migliaia le ore destinate all’ascolto».

L’Apostolato accademico salvatoriano, che dal 2005 è stato riconosciuto Associazione pubblica di fedeli di diritto diocesano, riunisce tutti quei professionisti, laici e non, impegnati nel campo della scienza, della salute, della cultura, della finanza e del sociale che desiderano collaborare alla missione apostolica delle Chiesa. «A Roma siamo al fianco di famiglie, consacrati e comunità con i nostri tre consultori a Tor de’ Cenci, Acilia, Gregna Sant’Andrea – ha continuato Luparia – ma siamo punto di riferimento nell’accompagnamento, la consulenza e la formazione umana per 70 diocesi in tutta Italia».

Sia nel saluto iniziale ai membri del movimento ecclesiale che nella sua omelia, il cardinale De Donatis li ha ringraziati «per il dono dell’operato che, con i tre consultori familiari e il centro per la vita consacrata che sorge a ridosso del santuario del Divino Amore, ha portato tanto frutto in questi anni, entrando nel tessuto vivo della Chiesa di Roma e d’Italia», pur sperimentando «la difficoltà e la complessità dell’evangelizzazione di fronte alla sfida della modernità». In particolare il porporato ha evidenziato «l’adesione a quella che don Tonino Bello chiamava la “Chiesa del grembiule”, che mette al centro il servizio agli ultimi e si sporca le mani, mostrando il volto materno e accudente di Dio».

Ancora, De Donatis ha sottolineato l’importanza e il valore della testimonianza autentica. «Per essere suoi mediatori e apostoli – ha affermato – non basta assumere un mandato e compierlo con fedeltà e coerenza ma occorre lasciarsi rinnovare personalmente dalla Parola, facendola lavorare dentro di noi affinché ci trasformi, diventando in Lui una creatura nuova» perché «chi ci trasforma è solo Cristo e solo allora le parole del nostro annuncio sono davvero efficaci». Guardando nello specifico al Vangelo di Matteo, il cardinale ha detto che «nell’annuncio, in gioco c’è la verità di una vita: posso essere coerente ma non essere vero se la coerenza è solo una vernice mentre è nella relazione con Dio che deve fondarsi tutta la mia esistenza»; poi la citazione di una massima di sant’Ignazio di Loyola: «è meglio tacere ed essere che parlare e non essere; ma ancora meglio se colui che parla è».

Infine, l’invocazione a Maria, «la Vergine cui padre Jordan era molto devoto», e la consegna della preghiera del Rosario «che ci rende contemplativi» affinché «sappiamo essere fedeli al nostro mandato, accogliendo l’eredità del vostro fondatore che aveva capito quanto la fede in Cristo senza la riconoscenza alla Madre sia una fede monca».

17 giugno 2019