De Donatis ai consacrati: «Vivere l’umiltà per ascoltare il grido della città»

L’assemblea diocesana alla Lateranense. Durante l’incontro tre testimonianze di speranza, tra cui quella di un afghano fuggito a 8 anni e accolto in Italia, raccontata da una suora

Ha consegnato il verbo “discendere” il cardinale vicario Angelo De Donatis ai religiosi e alle religiose che hanno partecipato sabato mattina, 28 settembre, all’assemblea per la vita consacrata, in avvio di anno pastorale. L’incontro, che ha avuto per tema “Battezzati e inviati – Missionari nella città”, si è svolto in una gremita aula magna della Università Lateranense. «Solo scendere nel punto più in basso – ha detto il porporato -, come fa l’acqua che non si ferma prima di avere raggiunto quel punto estremo, equivale ad allargare il cuore così da poter accogliere e abbracciare ciascuno».

Mettersi in ascolto del grido della città, come indicato dalle indicazioni per questo anno pastorale diocesano, allora, «vuol dire vivere la virtù dell’umiltà semplicemente per amore, senza aspettarsi nulla in cambio – ha esortato De Donatis -, nella gratuità, sviluppando la cardiognosi, cioè la capacità di ascoltare l’altro con il cuore, che è il dono di una fede viva». Ancora, De Donatis ha sottolineato come sia importante «mettere in moto anche gli occhi, per arrivare a vedere con gli occhi di Dio, capaci di quello sguardo contemplativo che riconosce il mistero nel mondo». Ad affinare lo sguardo, «per essere in grado di un ascolto e di uno stile che ci apre verso l’altro», hanno mirato le tre testimonianze proposte nel corso della mattinata, «spunto di riflessione e di dialogo e confronto», come ha spiegato don Antonio Panfili, vicario episcopale per la Vita consacrata.

Per prima la storia di Ali Ehsani, fuggito dall’Afghanistan a 8 anni e testimone di un percorso di vera accoglienza nel nostro Paese. A raccontarla, suor Maria Rosa Venturelli, comboniana, che lo ha conosciuto quando, giovane adolescente, cercò aiuto all’Associazione comboniana servizio emigranti «per potersi curare per una malattia agli occhi». Fuggito con il fratello maggiore dopo avere perso tutta la sua famiglia, Ali «arrivò in Italia dopo 5 anni di viaggio e chiese di poter studiare – ha detto la religiosa – perché il padre gli aveva insegnato che solo la cultura non può rubartela nessuno». Oggi è avvocato e scrittore e «gira le scuole in tutta Italia per raccontare la sua esperienza, dopo avere anche ricevuto il Battesimo nel 2007», ha concluso la religiosa.

Storie di speranza, pur scaturita dal dolore, anche quelle riferite da Estela da Silva, missionaria secolare scalabriniana; «la fede – ha detto – ci permette di incontrare ogni situazione senza l’atteggiamento della commiserazione» perché «il migrante e il povero soffrono per quella privazione che è, però, espressione della loro beatitudine, ciò che più li avvicina alla vocazione di essere figli di Dio». Infine, la testimonianza di don Benoni Ambarus, direttore della Caritas diocesana, che ha evidenziato quanto «la carità sia faticosa» perché «stravolge i ritmi della nostra vita come un neonato fa con quelli di una famiglia»; per questo «ci vuole il coraggio di buttarsi, testimoniando la profezia, denunciando l’ingiustizia, mettendosi dalla parte dei piccoli e degli ultimi». In particolare il sacerdote ha fatto notare «l’importanza non solo di dare qualcosa a loro ma di fare qualcosa per e con loro», riconoscendoli «maestri di vita perché è Dio che si svela a noi attraverso di loro, come Gesù tra i dottori del tempio».

In conclusione, padre Paolo Maiello, segretario generale della Conferenza italiana dei superiori maggiori, ha presentato il nuovo sito dell’ufficio diocesano per la Vita consacrata definendolo «uno strumento importante di condivisione per segnalare e diffondere le iniziative delle diverse realtà presenti in diocesi».

30 settembre 2019